Skip to main content

Almeno per una sera, il dopo terremoto a Ischia è sembrato meno spettrale, sconsolante e arido di prospettive di quanto non fosse apparso nell’ultimo anno. Nel giardino della Torre Guevara a Ischia, davanti allo spettacolare scenario notturno della baia dominata dal Castello Aragonese, ieri , la terza giornata di premiazioni del PIDA – Premio Internazionale Ischia di Architettura – è stata segnata dalla parola ricostruzione. Che ha trovato una sua concreta e tangibile traduzione nella presentazione dei progetti dei partecipanti al workshop “Protopia Maio”, nelle riflessioni degli esperti che hanno animato l’interessante dibattito finale, nel racconto di esperienze positive nate altrove e nell’appassionato intervento del professor Atsushi Kitagawara, Premio PIDA Internazionale 2018 e coordinatore del workshop che ha fortemente connotato questa ottava edizione del PIDA, dedicata in gran parte al ruolo dell’architettura nella rinascita delle aree sconvolte dal sisma.

Sotto il quattrocentesco edificio della Torre che guarda il Castello, è stata inaugurata la mostra dei progetti vincitori del concorso PIDA 2018, che saranno esposti dal 24 settembre nel Salone delle Antiche Terme Comunali a Porto d’Ischia. E poi si è entrati subito nel vivo della manifestazione conclusiva, chiamata a tirare le fila di una edizione particolarmente densa di situazioni, incontri e iniziative, che ha focalizzato l’attenzione sulle questioni nodali della sicurezza di edifici e persone e dell’identità di luoghi e comunità. Temi che toccano tutti, non solo nelle aree sconvolte da disastri naturali. Come ha sottolineato il fondatore e presidente dell’Associazione PIDA, Giovannangelo De Angelis, nel suo saluto introduttivo, in cui ha ricordato che l’esigenza di consolidare il patrimonio edilizio esistente riguarda l’intera isola ed è d’altronde un tema di riflessione nazionale. E in quest’ottica si è inserita la scelta come sponsor della manifestazione di Ruregold, azienda che opera nel settore della ricerca e produzione di materiali da costruzione che prevengono e contrastano il decadimento delle strutture in calcestruzzo.

La ricostruzione possibile, con il valore aggiunto della qualità del nuovo, è testimoniata dagli interventi realizzati dallo Studio MC A di Mario Cucinella nelle aree colpite dal sisma in Emilia nel 2012. L’architetta Laura Mancini ha ripercorso le tappe che hanno portato alla concretizzazione di quelle che Cucinella ha ribattezzato “Pillole di bellezza”, cinque edifici utili, in grado di garantire la sicurezza di chi li utilizza e tutti con una funzione e una forte valenza di aggregazione sociale, che elemento essenziale per preservare l’identità. “La sinergia e la solidarietà – ha sottolineato Mancini – hanno consentito in Emilia la rigenerazione dei luoghi”. Partita una raccolta fondi dalle forze produttive del territorio, sono stati messi insieme 7,5 milioni di euro, da investire in opere di qualità e di rilievo sociale. Lo studio MC A che opera in quell’area ha avviato un workshop, “Costruire per ricostruire”, a cui hanno partecipato 6 giovani ingegneri e architetti, selezionati da oltre un centinaio. La prima azione è stata la mappatura dei luoghi colpiti nelle 5 province terremotate. Per decidere come e dove intervenire si è scelta la strada della progettazione partecipata, coinvolgendo i cittadini, registrando esigenze e aspettative delle comunità. E solo al termine di questo confronto, è iniziata la progettazione, che ha portato alla realizzazione di cinque strutture, tutte consegnate tranne una che è vicina alla conclusione.

Dal Centro Polifunzionale di Arte e Cultura di Bondeno, in legno e vetro che è diventato punto di riferimento per la popolazione al Centro di aggregazione giovanile di Quistello in cemento armato e vetro, con un grande giardino, la cui apertura ha innescato il processo di recupero degli edifici del circondario; dalla Casa della Musica di Pieve di Cento ispirata alla cassa armonica di uno strumento musicale, con una piazza interna e spazi esterni per la vita della comunità, alla Scuola di Danza a Reggiolo, in legno di abete e dalla forma che ricorda un cesto intrecciato; dal Centro socio-sanitario di San Felice sul Panaro (in via di ultimazione), che si ispira alla forma tradizionale della casa, realizzato in Xlam, un materiale fortemente isolante per un’alta efficienza energetica, che ospiterà ragazzi con forte disabilità, prevedendo ampi spazi per la fruizione pubblica fino al gioiello della collezione, ovvero la Scuola per l’Infanzia di Guastalla, che è stata giudicata la scuola più bella del mondo, destinata a bimbi di 0-3 anni, che all’interno riproduce il ventre della balena di Pinocchio e con le sue forme sinuose ricorda il ventre materno, tutto in legno e vetro, con un ampio spazio educativo verde all’esterno coltivato con piante aromatiche. Piccole opere di grande impatto sociale e anche psicologico sulle popolazioni provate dal sisma, dimostrazione che si può ricostruire “dov’era, ma non com’era”. Cioè meglio.

Istituito quest’anno, il Premio PIDA Sisma è andato allo studio MC Architects di Mario Cucinella per questi interventi.

Momento più atteso della serata era certamente il disvelamento dei progetti frutto del workshop “Protopia Maio”, che si è svolto presso la Tenuta del Piromallo a Forio da lunedì 10 settembre a ieri: cinque giorni per conoscere l’area terremotata, approfondirne le caratteristiche in relazione con il contesto isolano e immaginare una ricostruzione possibile lì dove oggi sono ancora macerie. Una sfida che i 32 studenti delle Università di Roma Tor Vergata, Palermo e Napoli “Federico II”, seguiti dai loro tutor e supportati dagli esperti messi a disposizione dal PIDA, hanno brillantemente superato. Ciascuno dei tre gruppi universitari ha avuto modo di illustrare le idee e le soluzioni progettuali immaginate per ricostruire nella zona del Maio in sicurezza, nel rispetto dell’identità del luogo e della comunità che lo popolava, perlopiù con materiali naturali, con tecnologie di risparmio energetico e con il concorso significativo della natura, parte integrante di ciascun progetto.

Tutti i ragazzi hanno ricevuto un diploma di partecipazione e, oltre al convinto plauso del pubblico, quello speciale del professor Kitagawara, che non ha nascosto la sua sorpresa per “i meravigliosi lavori” prodotti dagli universitari. Alcuni dei quali lo hanno colpito, in particolare, per il talento nel disegno, in cui ha riconosciuto l’impronta “del Paese di Michelangelo”. L’archistar giapponese ha esortato a partire dalle idee e dai progetti dei giovani del workshop per la ricostruzione, “il prima possibile”. “Dovete ricominciare da queste idee dei ragazzi, con gli architetti e con la meravigliosa natura che avete sull’isola”.

Altra novità di questa edizione, il Premio PIDA Sisma Recupero per progetti di recupero di strutture preesistenti o di ricostruzione ex novo. Il vicesindaco di Ischia, Luigi Di Vaia, ha consegnato i riconoscimenti con menzione speciale ad Alberto Giobbi, che ha sottolineato: “Si può riuscire a fare buona architettura anche in situazioni di recupero post sisma”, e ad Angela Amalfitano dello Studio Keller, che ha augurato a Ischia che questa sia “un’occasione per rinascere in una nuova dimensione”.

Moderato da Luigi Prestinenza Puglisi (presidente AIAC – Associazione italiana architettura e critica), si è poi aperto l’ultimo momento di confronto e di riflessione di questa edizione del PIDA 2018 che ne ha avuti numerosi. Al centro dell’attenzione, il tema della ricostruzione delle zone terremotate dell’isola. “Ma se il com’era, non era tanto rilevante, meglio rifare”, lo spunto offerto dal moderatore. Per Antonella Falzetti (Univ. Roma Tor Vergata) c’è da affrontare la questione delicata se ricostruire completamente o salvare qualcosa, fermo restando che sciogliere il nodo delle case non legittime è cogente. “Proviamo a ridare completamente una nuova veste”, per ricreare un tessuto economico e sociale dal basso. “Il recupero di qualcosa dalla tecnologia costruttiva povera, non è la strada – ha concluso – il nuovo disegno deve dare una nuova occasione a quel luogo, non dov’era com’era”.

L’ingegnere Francesco Rispoli, unico isolano al tavolo, ha sottolineato il dono delle idee dei ragazzi ed ha giudicato positivamente che dal workshop sia arrivata una proposta di architettura dall’architettura, mentre spesso in questo territorio agli architetti è richiesta la laurea in legge. Per recuperare ci vuole il coraggio, insieme alla speranza, di capire i luoghi in cui ci si insedia, che sono “i luoghi del nostro avvenire”.

Giovanni Iannacone (referente INGV), da sismologo, ha contestato che il terremoto di Ischia abbia avuto caratteristiche speciali, “è avvenuto come avviene altrove, seppure in più in superficie per cui ha fatto molti danni”. Tuttavia, con le tecnologie e i materiali oggi disponibili è possibile ricostruire. Si devono creare le condizioni affinchè, in caso di sisma e disponendo di tutte le informazioni possibili, “non si debba più vivere con la paura che ci cada in testa il tetto”.

Per Luigi Ramazzotti (Univ. Roma Tor Vergata) nella zona terremotata come nel resto dell’isola si evidenzia un patrimonio abitativo difficile, per cui la capacità di rinascere non può prescindere da una ricostruzione legata alla qualità dei progetti. Ramazzotti ha posto la questione di evitare che lo sforzo del workshop finisca nel nulla e, quindi, la necessità di trovare delle formule con le istituzioni per coinvolgere i ragazzi che hanno lavorato, perché il loro possa essere un contributo reale.

Alessandro Castagnaro (presidente Aniai) ha confessato di aver provato un senso di depressione dopo la visita alla “zona rossa” per le “situazioni informi e i temi irrisolti e difficili”, e invece sorprendentemente, in appena cinque giorni, i ragazzi sono stati capaci di trasformare gli input tematici ricevuti e gli approfondimenti compiuti in progetti “che aprono discorsi da portare avanti con rapidità. In tredici mesi tutto è rimasto come quel 21 agosto, un immobilismo totale”. E il lavoro del workshop è la base di discussione per affrontare subito i problemi della ricostruzione.

E questo è anche il messaggio uscito da questa ottava edizione del PIDA, che da ieri ha consegnato alla comunità isolana tre ipotesi possibili di ricostruzione e rilancio della zona del Maio. Un primo passo e un auspicio per superare la fase delle macerie.