Ischia 25 luglio 2010
Sabato 24 luglio si sono conclusi i lavori della terza edizione del Premio Internazionale Ischia di Architettura. Durante la cena di gala all’Hotel della Regina Isabella sono stati premiati i vincitori: Peter Bohlin e Bernard Cywinski dello studio americano BCJ hanno vinto il PIDA internazionale, Patricia Viel il premio alla carriera, Stefano Bucci il PIDA al giornalismo e Moreno Maggi alla fotografia. Enrica Mosciaro con l’hotel Mod05 in provincia di Verona ha vinto il concorso internazionale per opere di ospitalità turistica. Al secondo posto Michela Genovese con Antico Pastificio in provincia di Matera ed al terzo un ex equo: Vito Corte con l’Hotel La Gancia a Trapani e Angelo Vecchio con l’Hotel La Zagara a Santa Venerina.
Il workshop sulla ristrutturazione sostenibile è stato vinto dal progetto “Il PAFo tra memoria e nuova identità” di Chiara Arturo, Oscar Benitez, Luca Penna, Alessandro Telese e Mafalda Vaino, con la supervisione del tutor Federico Verderosa.
Una grande soddisfazione per l’organizzatore Giovannangelo De Angelis che quest’anno ha dato al PIDA un respiro internazionale e ha inserito nuove categorie di premi tra cui quella al giornalismo d’architettura che sembra essere la prima in Italia.
“Un ottimo risultato, che non avrei mai potuto raggiungere senza la costante ed infaticabile collaborazione di tutti coloro che con me hanno condiviso l’organizzazione di questo evento” vuole precisare Giovannangelo De Angelis. “Vorrei ringraziarli affettuosamente uno per uno per la costanza, la dedizione e l’infaticabile lavoro svolto soprattutto durante la settimana finale del premio. Grazie a Simone Verde, Daniela Marino, Lucia Regine, Marita Francescon, Elisa Vitale, Morena Miglio, Carla Tufano, Aurelio Monte, Juliana De Angelis, Gabriella Piscopo.
Stiamo già pensando all’edizione dell’anno prossimo. Sono già in corso contatti istituzionali per avere gli Emirati Arabi come partner straniero per l’edizione del 2011, e per portare alla Colombaia il meglio dell’architettura turistico-ricettiva di questo paese arabo in cui, al contrario di quanto comunemente si possa pensare, la sostenibilità dell’edificio è uno dei requisiti fondamentali senza il quale è impensabile la realizzazione”.
Ma qual è il messaggio che lascia ad Ischia questo evento?
Nei due giorni di dibattito alla Colombaia sono emersi alcuni temi, alcune considerazioni che se applicate all’architettura italiana ne migliorerebbero la qualità e gli utenti avrebbero un benessere al quale spesso non si pensa.
Giovedì 22 luglio 2010, durante un’affollata conferenza sul tema: “Architettura, umanità e sostenibilità”, gli architetti americani Peter Bohlin e Bernard Cywinski dello studio BCJ hanno illustrato la filosofia su cui si basa la loro progettazione e hanno mostrato al pubblico i lavori in cui si è concretizzata nel corso degli anni. Tra i loro progetti emergono i nuovi negozi della Apple, ampliamento e sistemazione per la casa di Bill Gates e il Liberty Bell Center a Philadelphia. Questi lavori sono la testimonianza di un approccio innovativo verso l’architettura che più che tendere a forme eclatanti e autoreferenziali creano nuove ed interessanti relazioni con il contesto urbano e paesistico e con le persone che li fruiscono. Da qui il recupero di tecnologie antiche quali il legno e la pietra ma anche moderne come mostrano i negozi della Apple che sono interamente realizzati in vetro con ardite soluzioni strutturali. I due progettisti hanno recentemente ricevuto la medaglia d’oro dell’AIA, che è il più prestigioso riconoscimento assegnato in America alla carriera.
Venerdì 23 luglio, Stefano Bucci giornalista del Corriere della Sera, premio PIDA per il giornalismo di architettura 2010, Patricia Viel premio PIDA alla carriera 2010, Alessandro Castagnaro, Paolo Mascilli Migliorini, Antonello Monaco, Giovanni Hoepli, Luigi Prestinenza Puglisi si sono confrontati sul tema “Architettura e felicità”.
L’argomento è stato affrontato da diversi punti di vista, data la diversa esperienza culturale e lavorativa dei relatori, e per questo è emersa un’analisi dettagliata del tema.
Luigi Prestinenza Puglisi introduce la tavola rotonda. “Non esiste persona più infelice dell’esteta. Il grande pianista Benedetti Michelangeli sempre alla ricerca della perfezione nell’esecuzione soffriva incredibilmente quando ascoltava una banda, il raffinatissimo Luchino Visconti, proprietario della villa che ci ospita, sarebbe inorridito davanti al restauro fatto dieci anni fa alla sua casa. L’esteta conduce una vita di sofferenza: per ottenere un solo momento di felicità soffre per tutta la vita. La buona architettura è per l’esteta fonte di felicità. La felicità non deriva dalla meraviglia estetica ma dalle relazioni che un’architettura riesce ad instaurare. Spesso nei posti brutti ci sentiamo felici perché instauriamo un insieme di relazioni che funzionano. Il massimo livello di felicità si ottiene quando una un’ottima estetica si coniuga con un sistema di relazioni che funzionano. In conclusione: un’ottima architettura dà felicità, una buona architettura non sempre dà felicità, un sistema di relazioni dà sempre la felicità.
“Qual è il ruolo dell’architettura nella felicità?” Si domanda Alessandro Castagnaro. “L’architettura rende realmente felice qualcuno quando è la sintesi di tre fattori: il bello, il gusto e la qualità estetica. Purtroppo questi fattori sono incommensurabili, soggettivi e quindi difficilmente valutabili. Una buona architettura, però, aiuta a stare meglio. Bisogna affrontare una serie di problemi correlati. Diceva Giedion che l’architettura è lo specchio della società. Fino a che punto la società si sente rappresentata dall’architettura? La gente apprezza sempre meno l’architettura per cui un sistema di relazioni serve. Chi lavora con l’architettura deve far capire l’architettura alla gente comune, elevare il livello della qualità media dell’architettura.”
Antonello Monaco si interroga sull’accoglienza. “Ischia è un’isola felice? È felice l’architettura di Ischia? Il luogo bello spesso è reso meno bello dall’opera dell’uomo che non sa adeguarsi a quello che il luogo richiede. La qualità deve essere percepita dal luogo e restituita attraverso la costruzione. Le strutture alberghiere devono avere insite delle qualità molto forti, proprio perché sono dedicate all’accoglienza. L’accoglienza è il tema su cui ci si deve confrontare.”
Paolo Mascilli Migliorini parte da un excursus storico per giungere ad una domanda finale. “La Costituzione Americana sancisce il diritto dell’uomo alla ricerca della felicità. Siamo alla fine del 1700. In Francia, un secolo dopo viene stabilito il diritto all’abitazione per tutti gli uomini. Il diritto all’abitazione è un fattore di felicità. Nell’800 e nel 900 la felicità è legata al diritto allo standard urbanistico e diviene una condizione dell’anima. Ai giorni nostri il percorso che lega felicità e vivibilità in architettura è caduto come si evince dallo Zen o dal Corviale.
Cosa ricercare per la felicità dell’uomo: un corretto sistema di relazioni o un problema di felicità dei luoghi?”
“Devo dire -è Stefano Bucci che parla- che l’idea di architettura e felicità si lega per me a certe esperienze da cronista, ancora giovane inesperto e alle prime armi. Sono esperienze sul campo prima che filosofiche o culturali quando mi è capitato di dover raccontare episodi non particolarmente edificanti né piacevoli. In questi casi, spesso, certi spazi particolarmente soffocanti, magari nemmeno tanto degradati mi sembrano (ma oggi posso dire anche giustamente) avere in qualche modo provocato questi eventi. E questo valeva, almeno per me, in realtà del nord, come del sud o del centro. da Milano a Roma, da Genova a Firenze. Per contro – poi quando ho iniziato ad occuparmi per il Corriere della Sera di architettura (raccontando nuovi progetti o intervistando i progettisti) gli articoli e le interviste che mi venivano meglio erano quelle legate ad architetture che mi piacevano e che in qualche modo mi davano felicità. Qualche esempio: Niemeyer e il suo studio, Gehry nel suo studio e il Guggenheim, Eisenmann, Meier, Piano con qualche eccezione a volte.
Una per tutti Zaha Hadid. Da una parte c’è il MAXXI che mi ha molto intrigato, dall’altra c’è lei che ho intervistato quando aveva appena vinto il Pritker, forse per me l’intervista più difficile.
Dunque per me ARCHITETURA e FELICITA’ sono indissolubilmente unite. Ma nel mio caso non posso giustificare questa unione in modo letterario o scientifico. Posso farlo solo attraverso la mia esperienza diretta sul campo. Da giornalista.”
Patricia Viel porta la sua esperienza di architetto. “Ho iniziato ad occuparmi di alberghi nel 2001 con l’albergo Bulgari a Milano. Il concetto di ospitalità e di accoglienza viene coniugato con il concetto di albergo di lusso disegnato in modo contemporaneo. Un disegno minimo è associabile al confortevole all’accogliente, al piacevole.
Che tipo di sensazione deve provare chi frequenta l’ambiente degli alberghi? Dei piccoli momenti di felicità. La felicità in assoluto non esiste, ma ci sono momenti di felicità. I momenti di vita lontano dalla realtà quotidiana devono essere momenti di felicità. E questo dipende dagli architetti che devono essere meno stravaganti e più attenti alle esigenze di chi viene ospitato.”
Conclude con un intervento carico di humor l’editore Giovanni Hoepli. Architettura e felicità è il titolo di un libro di Alain de Botton. Cos’è per me architettura e felicità? Sintetizzerei in tre punti:
ideare e pubblicare libri di architettura,
lavorare in un edificio del razionalismo italiano di Figini e Pollini
fare manutenzione ad un edificio di Figini e Pollini.
Ideare e pubblicare libri di architettura si articola in vari momenti di felicità: incontri con gli altri editori, ristampa di long seller di architettura, incontri con gli autori, ristampa dei classici.
Lavorare in un edificio del razionalismo italiano di Figini e Pollini è per me fonte di felicità. La regolarità dell’edificio, la regolarità della pianta del piano in cui lavoro e in cui mi muovo in continuazione mi permettono di essere felice.
Fare manutenzione ad un edificio storico posto in un luogo di Milano pieno di vincoli, nelle immediate vicinanze del Duomo, si riduce a piccoli interventi. Spesso significa stare attenti ai vicini che con insegne e lavori sulla facciata facciano danni al mio edificio.
La felicità è per me l’arte del quotidiano.”