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Mettendosi "quasi in ascolto" dei materiali stessi, Kuma è “impegnato da anni in una seria critica a quello che definisce il ‘metodo del calcestruzzo’, nel desiderio di trovare un’alternativa all’uso di questo materiale che ‘governa’ il mondo" (Treccani).
Molto rilevanti per comprendere a pieno la sua filosofia progettuale sono opere quali lo Stone Museum (2000) e l’Hiroshige Ando Museum (2000), tutti e due a Nasu nella prefettura di Tochigi; il Takanezawa Plaza a Shiotanigun (Tochigi, 2006), il Suntory Museum of Art a Tokyo (2007), ma anche i recenti luoghi di meditazione costruiti in legno, progetti in scala ridotta ma molto significativi, quali il Tempio Taoista a Hsinchu (Taiwan, 2018) e la Meditation House a Krun (Germania, 2019).
Nel suo volume Anti-object: The Dissolution and Disintegration of Architecture (2008), Kuma critica inoltre l'eccessiva "oggettificazione" (objectification) che pervade l'architettura occidentale e impedisce "di stabilire una relazione sana con il mondo esterno". Al tempo stesso però suggerisce "una forma alternativa di architettura (...) desiderabile e possibile”.
Oltre al legno, tra i materiali "alternativi" prediletti e spesso utilizzati da Kuma, si annovera pietra, ceramica, bambù, plastica e vinile. Infatti all'evidente e marcata sperimentazione progettuale, nei progetti di Kuma è sempre presente la profonda relazione con la tradizione giapponese.
Fondamentale nelle sue costruzioni è l'uso della luce, con la quale tenta di raggiungere un senso di "immaterialità spaziale" attraverso l'utilizzo di materiali naturali o del vetro. Da questo punto di vista si vedano ad esempio la Plastic House (2002) e l'Asakusa Culture Tourist Information Center (2012), entrambi a Tokyo, e il Fonds Régional D’art Contemporain (FRAC) a Marsiglia (2012), quest'ultimo caratterizzato da particolari facciate rivestite da pannelli di vetro semitrasparente.
Anche le sue celebri facciate “decorate”, sempre fortemente espressive, sono infatti uno dei suoi stilemi architettonici. In questo caso si segnala il complesso Wuxi Vanke (2014) e il grattacielo Hongkou Soho a Shanghai (2015).
Per Kuma è inoltre fondamentale lo studio del luogo, al fine di integrare l’opera nel suo contesto, affinché non ne turbi l’equilibrio, ma ne risulti altresì una naturale derivazione.
Ne sono fattivi esempi la Great (Bamboo) Wall House nei pressi di Pechino (2002), lo Yusuhara Wooden Bridge Museum di Tarougawa (2010); la Cité des Arts et de la Culture a Besançon (2012).
Uno degli edifici che meglio rappresenta la sua visione architettonica è tuttavia la Water/Glass House, ad Atami in Giappone (1995), una foresteria costruita dirimpetto all’oceano, fortemente influenzata dalla "Hyuga" Villa, unico progetto ancora esistente in Giappone dell'urbanista tedesco Bruno Taut (1880-1938) e costruita durante la sua permanenza nel paese orientale durante gli Anni Trenta.
Così come Taut aveva ammirato e studiato la straordinarietà della Villa imperiale di Katsura (XVII° secolo) per riflettere sulla sua Hyuga Villa, "filtrata attraverso la propria sensibilità europea" (M. Melis), così Kuma nella Water/Glass House ha creato una struttura “che galleggia su una vasca riempita d’acqua che scende a cascata dal tetto”, sfumando i contorni dell’edificio nell’acqua dell’oceano, non solo incorniciandolo, ma di fatto inserendolo nella natura stessa.
Come ha dichiarato lo stesso Kuma, la costruzione diventa così "un ambiente totale in cui tutto si dissolve, dove non c'è disarticolazione degli spazi, dove i confini scompaiono".
All'attività pratica e teorica Kuma ha affiancato negli anni una lunga carriera accademica: attualmente professore presso la University of Tokyo, ha insegnato anche alla Columbia University, alla University of Illinois e alla Keio University.
Molti i riconoscimenti ottenuti: l'Architectural Institute of Japan (1997); lo Spirit of Nature Wood Architecture Award in Finlandia (2002); l’International Architecture Award for the BestNew Global Sesign (2007); l’onorificenza di Officier de l’Ordre des Arts et des Lettres della Repubblica Francese (2009).
Kengo Kuma opere e progetti famosi
- New exhibition center Forest Edge, Strasburgo (Francia), 2022
- Osservatorio Nihondaira Yume Terrace, Shizuoka (Giappone), 2019
- Zuishoji Temple, Tokyo (Giappone), 2019
- Suspended Forest, Montricher (Svizzera), 2019
- Edificio polifunzionale Portmix, Shanghai (Cina), 2019
- Tempio buddista Jodo Shu Ichigyo-in, Shinjuku, Tokyo (Giappone), 2019
- Meditation House, Krun (Germania), 2019
- Appartamenti Niwa, Vanves (Francia), 2019
- Wangjing B-15 Project, Pechino (Cina), 2019
- We Hotel TOYA, Toyako, Hokkaido (Giappone), 2018
- Terminal Xiangcheng Yangcheng Lake Tourist Transportation Center, Suzhou (Cina), 2018
- Museo V&A, Dundee (Scozia), 2018
- Tempio Taoista, Hsinchu (Taiwan), 2018
- Stazione ferroviaria Yunoeki Oyu, Akita (Giappone), 2018
- Teatro Misono-za, Aichi (Giappone), 2017
- Grattacielo Hongkou Soho, Shanghai (Cina), 2015
- Complesso residenziale e commerciale Sanlitun Soho, Pechino (Cina), 2010
- Scuola materna Taiyogaoka Hoikuen, Ishikawa (Giappone), 2013
- FRAC Fonds Régional D’art Contemporain, Marsiglia (Francia), 2012
- Asakusa Culture Tourist Information Center, Tokyo (Giappone), 2012
- Cité des Arts et de la Culture, Besançon (Francia), 2012
- Starbucks cafè, Fukuoka (Giappone), 2011
- GC Prostho Museum Research Center, Kasugai-shi (Giappone), 2010
- Casalgrande ceramic cloud, Casalgrande, Reggio Emilia (Italia), 2010
- Yusuhara Wooden Bridge Museum, Tarougawa (Giappone), 2010
- Museum of Kanayama Castle Ruin, Ota, Gunma (Giappone), 2009
- Shopping centre e spazio polifunzionale Sanlitun Village South (Taikoo Li Sanlitun), Pechino (Cina), 2008
- Riconversione di una vecchia fabbrica di orologi Z58, Shanghai (Cina), 2006
- Casa Lotus (Giappone), 2005
- Nagasaki Prefecture Art Museum, Nagasaki (Giappone), 2005
- Spazio LVMH, Osaka (Giappone), 2004
- Casa di plastica, Tokyo (Giappone), 2002
- Great (Bamboo) Wall House, Pechino (Cina), 2002
- Hiroscige Ando Museum, Batou (Giappone), 2000
- Water/Glass House, Atami, Shizuoka, (Giappone), 1995
- Osservatorio Kiro-san, Ehime (Giappone), 1994
Boris Podrecca opere e progetti famosi
• Neuer Platz, Klagenfurt (Austria), 2008
• Pariser Platz, Stoccarda (Germania), 2005
• Mestni Trg, Idrija (Slovenia), 2005
• Piazza Vittorio Veneto, Trieste (Italia), 2004
• Allestimento della Mostra Joze Plecnik, Stadtmuseum Graz (Austria), 2003
• Restauro Museo d’Arte Moderna, Ca’ Pesaro, Venezia (Italy), 2002
• Parco di Teodorico, Ravenna (Italia) 2000
• Millennium Tower, Vienna (Austria), 1999
• Allestimento della Mostra Mastering the City - 100 years of urban planning in Europe, Nai, Rotterdam (Olanda), 1997
• Piazza del Municipio, Sankt Pölten (Austria), 1996
• Allestimento della Mostra 1000 Jahre Österreich - Die Donau - Eine Reise Schottenstift, Vienna (Austria), 1996
• Castello Stakorovec, (Croazia), 1998
• Biblioteca municipale, Biberbach (Germania), 1995
• Scuola, Dirmhirngasse, Vienna (Austria), 1994
• Complesso residenziale Kapellenweg, Vienna-Donaustadt (Austria), 1993
• Centro Storico e Piazza XXIV Maggio, Cormons (Italia), 1990
• Piazza Tartini, Pirano (Slovenia), 1989
• Grandi Magazzini Kika, Klagenfurt (Austria), 1989
Nell’atmosfera surreale del teatro all’aperto della Villa La Colombaia di Luchino Visconti è stata inaugurata il giorno 24 Luglio 2014 la mostra multimediale “Dove vivono gli architetti – Salone del Mobile, Milano” di Francesca Molteni e Davide Pizzigoni, Premi PIDA Design 2014: una riproposizione di “dove vivono gli architetti”, ideata per il Salone del Mobile ed esposta a Milano dall’8 al 13 aprile 2014.
Attraverso video, immagini, suoni, testimonianze, Francesca Molteni e Davide Pizzigoni immaginano lo spazio domestico di Shigeru Ban, Mario Bellini, David Chipperfield, Massimiliano e Doriana Fuksas, Zaha Hadid, Marcio Kogan, Daniel Libeskind e Studio Mumbai/Bijoy Jain.
L’installazione presentata ad Ischia era così incentrata sul principio della multivisione, in modo da realizzare una percezione contemporanea di una moltitudine di elementi diversi. Per tutti i visitatori è stato muoversi nello spazio della narrazione guidati da materiali visivi e audiovisivi di grande potenza espressiva.
Francesca Molteni, laureata in Filosofia Teoretica all’Università degli Studi di Milano, e specializzazione post laurea in Film Production della New York University, dal 1999 lavora con Enrico Deaglio al programma “L’Elmo di Scipio” su Rai3 e collabora con Rassegna, Risk, Arte oggi, AD. Cura ideazione e regia di format televisivi e documentari per le reti Rai e collabora con Edizioni Olivares all’ideazione e regia di progetti di comunicazione sull’arte e il design. Nel 2003 diventa socia di 3D Produzioni Video, autore e regista delle due serie televisive di Ultrafragola, un programma sul design su Sky, il lancio e la produzione della piattaforma www.ultrafragola.com. Ha insegnato Design e nuovi media nel Corso di Laurea “Arti, patrimoni e mercati” dell’Università IULM, docente del Master in Comunicazione dei beni culturali, museali e del territorio dell’Università degli Studi di Palermo e attualmente insegna Performance video alla Naba, Nuova accademia delle Belle Arti di Milano.
Davide Pizzigoni nasce a Milano e si laurea in Architettura a Roma nel 1984; nello stesso anno collabora con Franco Purini al progetto di allestimento della mostra “La metropoli spontanea”. Nel 1986 la sua prima personale di pittura; nel 1987 inizia la sua collaborazione con Olivetti per la realizzazione di manifesti, copertine, litografie e serigrafie. Nel 1994 crea scene e costumi per “Die Frau Ohne Schatten” di Richard Strauss al Teatro dell’Opera di Zurigo; nel 1995 crea scene e costumi per “Gesualdo” di Alfred Schnittke allo Staatsoper di Vienna. Nel 1996 disegna le collezioni di seta e cachemire per Bulgari. Nel 1999 presenta a Francoforte la sua prima collezione di porcellane disegnate per Bulgari e realizzata da Rosenthal, iniziando una serie di esposizioni a Dallas, St. Luis, Chicago, Atlanta, New York, Taiwan. Nel 2002 riceve dal New National Theatre of Tokio l’incarico di disegnare scene e costume per balletti e opere liriche. L’esperienza del teatro lo spinge ad iniziare una ricerca sullo spazio con “La forma del Vuoto”; inoltre collabora con SkyCult per le scenografie dei programmi televisivi Ultrafragola e Ultrafragola II. Le sue opere si trovano in collezioni negli Stati Uniti, Argentina, Giappone, Israele, Francia, Austria, Italia e Germania.
Tra le sue opere architettoniche si segnalano:
Progetti realizzati
• Museo della Storia di Bologna, 2004-2012
• Quartier generale della Deutsche Bank a Francoforte, 2007-2011
• Ristrutturazione e riallestimento dello showroom Meritalia a Milano, 2008-2009
• Ampliamento e ristrutturazione della National Gallery of Victoria, Melbourne, Australia,
1996-2003
• Nuovo quartiere della Fiera di Essen, Germania, 1998-2001
• Natuzzi Americas Headquarters, High Point, North Carolina, USA, 1996-1998
• Arsoa Headquarters, Yamanashi, Giappone, 1996-1998
• Nuovo quartiere Portello della Fiera di Milano, 1987-1997
• Risonare-Vivre Club Complex, Kobuchizawa, Giappone, 1989-1992
• Tokyo Design Center, Tokyo, Giappone, 1988-1992
• Yokohama Business Park, Yokohama, Giappone, 1987-1991
• Centro Internazionale Congressi ed Esposizioni di Villa Erba a Cernobbio (Como), 1986-
1990
• Edificio per uffici per la centrale termoelettrica di Cassano d’Adda (Milano), 1985-1990
Progetti vinti in fase di costruzione
• MIC, Milano Convention Center alla Fiera di Milano (Portello), destinato a essere il più grande d’Europa, 2008 (inaugurazione: inizio 2012)
• Parco Scientifico-Tecnologico “Erzelli” a Genova, 2005 (inaugurazione: 2012 e 2013 per alcuni edifici)
• Museo di Arti Islamiche al Museo del Louvre, Parigi, 2005 (inaugurazione: seconda metà 2012)
• Riqualificazione urbana del Complesso “Verona Forum” Verona, 2004 (inaugurazione: fine 2011)
Progetti vinti non ancora avviati
• Ampliamento e ristrutturazione della Pinacoteca di Brera a Milano,”Brera in Brera”, 2009
• Stazione Marittima nell’ambito della Riqualificazione del fronte mare triestino, 2002
• Centro terziario a Düsseldorf, Germania, 2001
• Centro Culturale di Torino, 2001
Tra i progetti più significativi
• Museo della città di Berlino, Germania, 2008
• Sheikh Zayed National Museum, Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, 2007
• European Patent Office, L’Aja, Olanda, 2004
• Cittanova 2000, Modena, 2003
• Riqualificazione del centro della città di Tian Jin in Cina, 2003
• Banca Cassa di Risparmio di Firenze-Nuova sede, 2003
• Nuova Fiera Internazionale di Milano–Polo esterno Rho/Pero, Milano, 2002
• Progettazione del Complesso multi-funzione “MAB. Zeil Project”, Francoforte, Germania,
2002
• Stolitza Towers di Mosca, 1996
• Dubai Creek Complex, Emirati Arabi Uniti, 1994
• Complesso Goshikidai Marina Resort, Giappone, 1993
Appassionato d’arte, collezionista, si è più volte dedicato all’allestimento di mostre d’arte. Tra le più importanti:
• “Magnificenza e Progetto” a Palazzo Reale, Milano, 2008-2009
• “Annisettanta. Il decennio lungo del secolo breve”, alla Triennale di Milano, 2007-2008
• “Il Tesoro della Statale”, alla Rotonda della Besana di Milano, 2004
• “Christopher Dresser. Un designer alla corte della Regina Vittoria” alla Triennale di Milano,
2001
• “I Trionfi del Barocco. Architettura in Europa 1600-1750” nella Palazzina di Caccia di
Stupinigi a Torino, 1999
• “Il Rinascimento da Brunelleschi a Michelangelo” a Palazzo Grassi a Venezia, poi a Parigi e
a Berlino, 1994-95
• “Il Tesoro di San Marco di Venezia” al Grand Palais di Parigi e in altri musei del mondo,
1984-1987
• “The Italian Art in the 20th Century” alla Royal Academy of Arts di Londra, 1989
A Bellini sono inoltre state dedicate mostre personali. Si ricordano:
• Nel dicembre 2003 la National Gallery of Victoria di Melbourne ha riaperto con un’importante mostra sulla sua attività.
• Nel 2000 La Galleria Civica di Arte contemporanea di Trento ha ospitato una personale intitolata “Mario Bellini: un percorso tra architetture, mobili e macchine”.
• Nel 1996 Il Royal Institute of British Architects (RIBA) ha realizzato una mostra sul suo lavoro di architetto.
• Nel 1987 il Museo d’Arte Moderna di New York organizza la mostra “Mario Bellini: designer”, per la prima volta una grande retrospettiva personale dedicata a un’artista vivente.
Di rilievo la sua attività editoriale e accademica. Dal 1986 al 1991 è stato Direttore di DOMUS, prestigiosa rivista mensile internazionale di architettura, design, arte.
È stato professore di Progettazione all’Istituto superiore di disegno industriale di Venezia dal 1962 al 1965, di Composizione architettonica alla Hochschule für Angewandte Kunst di Vienna nel 1982-83, di “Nuovi modelli abitativi” all’istituto post-universitario Domus Academy a Milano dal 1983 al 1985.
Nel 1995 ha ricoperto l’incarico di professore a contratto alla Facoltà di Architettura di Genova, dove ha inoltre tenuto un seminario di Progettazione nell’ambito del corso “Teorie e tecniche della progettazione”.
Ha partecipato come docente a seminari al National Hoger Instituut ad Anversa, al Royal College of Art di Londra, all’Institut pour l’Environnement a Parigi, all’UCLA di Los Angeles in qualità di Regent’s Lecturer; al primo seminario internazionale promosso dalla Facoltà di Architettura di Napoli e intitolato “Napoli, architettura e città”.
Ha tenuto conferenze in numerose università e sedi culturali internazionali tra cui alla Architectural League di New York, all’Aspen Design Conference su “The Italian Idea” nel 1981 e “The Italian Manifesto” nel 1989, all’Amsterdam Royal Palace Foundation nel 1992, alle Facoltà di Architettura di Milano e Roma e alla Graduate Design School of Harvard (USA), al Museum of Contemporary Arts di Sidney (Australia), al Royal Institute of British Architects (R.I.B.A.) di Londra, alle Facoltà di Architettura di Bari e di Lecce, alla Royal Academy of Arts di Londra, al Centro Esposizioni e Congressi di Villa Erba a Cernobbio (Como), al Royal Australian Institute of Architects di Melbourne, al Melbourne Exhibition Centre, alla Accademia di Belle arti di San Pietroburgo, al Centro Congressi di Bologna, al Kimbell Atr Museum, Fort Worth, Texas, Alla biennale di Architettura di Quito, Equador, a Tokyo e a Barcellona in occasione di mostre personali, alla Triennale di Milano, A Verona e al Centro congressi di Torino per il Ciclo “Torino incontra l’Architettura contemporanea”.
Inoltre è stato invitato:
• Nel 2007 a presentare il suo lavoro al Business of Design Week 2007 a Hong Kong.
• Nel 2006 a partecipare con 1 progetto alla 10° Biennale Architettura di Venezia “Città Architettura e Società”.
• Nel 2005 alla X Biennale Internazionale di Architettura di Buenos Aires.
• Nel 2004 a contribuire con 3 progetti alla 9° Biennale Architettura di Venezia
“Metamorph”.
• Nel 2004 a presentare 5 opere alla mostra “Arti e Architettura 1900-2000” a Palazzo Ducale, Genova
• Nel 2002 alla 8° Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia con 2 progetti.
• Nel 2001 alla IX Biennale Internazionale di Architettura di Buenos Aires.
• Nel 1997 alla V Triennale di Architettura di Belgrado
L’attività e il pensiero di Mario Bellini sono documentati da un’ampia bibliografia, tra cui due monografie, pubblicate da Electa e Skira rispettivamente nel 1988 e nel 1996 e da più di 60 editoriali della rivista Domus dedicati ai temi della città, dell’architettura, del design e del rapporto arte-industria.
Sono in preparazione un libro sui suoi scritti, oltre ad alcuni volumi sulla sua opera di designer e di architetto.
Molti in nomi internazionali visti sull’isola verde in occasione del II edizione del PIDA, a cominciare da Nathaniel Kahn con il film “My Architect” nominato all' Oscar 2004 e premiato dal Director' s Guild of America all'Independent Spirit Awards.
L’incantevole cornice dell’Albergo della Regina Isabella e della baia antistante ha ospitato la serata di gala tenutasi l’11 luglio 2009. Dopo la proiezione del film di Kahn all’interno della splendida baia il regista ha ricevuto il premio “Luchino Visconti” da parte dell’Ischia Global Award di Pascal Vicedomini.
In ‘My Architect’, Nathaniel Kahn intraprende un viaggio personale e doloroso nel passato per recuperare la storia di un padre che ha perduto a soli 11 anni, ne descrive gli affascinanti lavori progettati in tutto il mondo come l’Esherick House a Chestnut Hill, in Massachusettes, il Kimbell Museum a FortWorth, in Texas, il Capital Complex di Dhaka, in Bangladesh, il Salk Institute di La Jolla, in California, il Yale Center for British Art a New Haven, nel Connecticut, e allo stesso tempo incontra i suoi colleghi, i suoi studenti, la moglie, i figli. Sull’esempio del più grande architetto del dopoguerra e di suo figlio il “Premio Corti di Architettura”, con la creazione di cortometraggi o spot sull’architettura in Italia rivolto a giovani registi, vuole essere un contributo nel processo di trasformazione del paesaggio e di costruzione delle politiche di sviluppo che unisca arte, bellezza, tecnica, natura, energia pulita.
Un nuovo albergo nel centro di Firenze, in un palazzo storico (Portinari-Salviati) del '400, già con una sua riconoscibilità in una città dall'identità forte e definita. Un albergo a Dubai da realizzare ex novo e da vestire di originalità. Sono questi gli ultimi progetti che vedono impegnato l'architetto Federico Spagnulo, fondatore della Spagnulo & Partners che opera a livello internazionale nell'architettura d'interni di strutture di particolare valore. E' a lui che quest'anno è andato il Premio PIDA - Premio Internazionale Ischia di Architettura - alla Carriera. "Quando l'ho saputo, sono rimasto sorpreso perchè era la certificazione che ormai ho una certa età", commenta ironico all'inizio dell'intervista davanti al mare splendente di fine estate. Poi aggiunge subito, serio: "Ciò che più mi colpisce e mi rende orgoglioso di questo premio è la passione che ho notato attorno a questa iniziativa, da parte degli architetti che la organizzano, delle istituzioni e mi pare della stessa comunità. Questa tensione è cosa rara e dà più valore a un premio sentito". Ed è ancora la parola passione che sceglie per definire il rapporto con il suo mestiere. Come conferma la sua narrazione delle esperienze vissute sul campo, per ogni lavoro portato a buon fine dall'Inghilterra agli Stati Uniti, dall'Italia al Marocco, fino al prossimo impegno negli Emirati.
Questa edizione del PIDA ha come filo conduttore la ricostruzione dopo un terremoto. Che ruolo ha la sicurezza nella progettazione e realizzazione di un albergo?
"E' una domanda che riguarda gli ingegneri strutturisti, gli architetti e le varie professionalità che in modo coordinato realizzano l'opera. La sicurezza è un elemento fondativo di ogni aspetto del funzionamento di una macchina estremamente complessa quale è un albergo, che rientra tra le architetture difficili come gli ospedali. Dovendo tener conto che è vissuto da tante persone, clienti e lavoratori, che c'è bisogno di differenziare i flussi degli alimenti come della biancheria, che servono ascensori doppi, che le normative impongono limiti e regole ben precise, la progettazione di un hotel si confronta con enormi complicazioni. Ma noi non siamo arredatori, ma architetti abituati per formazione a lavorare con dei vincoli culturali e il problema tecnico da risolvere impone una dialettica che fa bene a tutti".
Qual è il tema principale con cui ci si confronta nella progettazione di una struttura turistica?
"Certamente lo spazio. Si tratta di edifici dove si vive per un periodo limitato, dunque la temporaneità della fruizione incide sulle scelte progettuali nella definizione degli spazi. Lo spazio di una camera va disegnato in modo rigoroso, puntando a renderlo riconoscibile in tempi brevissimi. Per questo noi utilizziamo molto i filtri tra la camera e il bagno o la cabina armadio, perchè riconoscere come familiare lo spazio di un hotel è un elemento di comfort, che contribuisce al benessere della persona. E' importante progettare spazi puliti nella loro composizione e struttura, il che non vuol dire che si tratti di spazi semplici, anzi".
Le innovazioni tecnologiche, la domotica come si inseriscono in questo approccio?
"Dal punto di vista progettuale sono un fattore devastante per la complessità dei problemi che pongono. E, d'altra parte, proprio per la temporaneità della fruizione, l'iperscelta non agevola, ma complica la vita all'ospite. E poi quando si lavora, come spesso in Italia, in edifici storici c'è da fare i conti con pratiche amministrative che di solito sono affidate a studi specializzati, ma che richiedono anche un impegno consapevole nella ricerca di soluzioni condivise, che è una delle sfide del nostro lavoro".
A proposito di edifici storici, come vi rapportate ai vincoli che vi gravano, quanto condizionano la vostra libertà di scelta?
"E' sempre una sfida culturale di riuscire a ritagliarsi degli spazi di libertà tra i vincoli amministrativi, quelli tecnologici e anche tra le esigenze dei committenti. E comunque, ogni hotel fa storia a sé, non credo allo stesso hotel a Ischia e a Milano. Ogni albergo deve avere la sua identità. Se si lavora in un edificio storico, bisogna tener conto dell'identità preesistente e trovare la chiave per valorizzarla in modo particolare e nuovo, come nel caso del palazzo di Firenze in cui abbiamo lavorato. Se si tratta di un edificio nuovo, come nel caso di Dubai, bisogna pensare a dargli un'identità, a vestirlo nel modo giusto".
In che modo ci si rapporta all'identità e alle peculiarità dei luoghi?
"I luoghi interagiscono in modo profondo con gli edifici esistenti. Perciò per il nostro studio è fondamentale non avere una identità stilistica, anzi proprio questo è il nostro stile, l'elemento che connota il nostro approccio culturale. Abbiamo progettato un resort e spa a Marrakesch in Marocco e proprio rapportandosi alla grande cultura decorativa del luogo è nata una esperienza meravigliosa. Proprio l'eterogeneità delle situazioni crea occasioni utili di confronto e dialogo. Ci vuole una cultura dell'understatement nel rapportarsi alle varie realtà. L'ascolto è fondamentale come il dialogo per trovare delle soluzioni condivise. Proprio il dialogo, a mio avviso, è l'approccio metodologico ai luoghi. E comunque l'autoreferenzialità fa male al progetto".
E il rapporto con i committenti fino a che punto vincola e magari condiziona?
"Rientra nella sfida di ritagliarsi degli spazi di libertà. Ci sono catene che hanno linee guida da seguire anche per l'identità dei loro alberghi. Ma l'elemento decorativo usato in modo smaliziato, per esempio, può servire ad interagire positivamente con il committente".
Per lei qual è la sfida nuova da affrontare nella sua professione?
"Sto cercando di interagire con professionalità diverse, nella ricerca sul materiali per esempio. Per farlo meglio hai bisogno di artisti, perchè l'architettura non è arte. E' stata bellissima l'esperienza di collaborare con un grande musicista ora scomparso, Daniele Lombardi, per la realizzazione di un innovativo tessuto di rame. Il rame è il metallo delle corde degli strumenti, da lì è nata l'idea di coinvolgerlo. E' bastato vedere le note e i segni grafici stupendi dei suoi spartiti per farli diventare l'elemento decorativo di quel tessuto con cui poi abbiamo realizzato molte cose. Mi auguro di riuscire a costruire un approccio con un committente che mi segua su questa strada".
“Per il post pandemia possiamo e dobbiamo immaginare città più vivibili e più umane, ma soprattutto più sostenibili. L’architettura è vita, sentimento ed emozione: le materie che adoro utilizzare sono i colori, la luce, le persone. L’obiettivo di un buon architetto? Migliorare la quotidianità della gente”.
Con “Sinfonia Spaziale”, una lecture musicata al Castello del Piromallo di Forio, l’architetto, artista e interior designer Teresa Sapey ha aperto i lavori della nona edizione del PIDA, il Premio Internazionale Ischia di Architettura, che proseguiranno fino al 3 ottobre con una serie di workshop, lectio magistralis, concerti e laboratori ispirati alla “LandEscape Therapy”, un gioco di parole che sintetizza l’esigenza di trovare nella sintonia con l’ambiente una strategia d’uscita, terapeutica, ai mali della contemporeanità.
Premiata con il PIDA alla carriera, Teresa Sapey - che oggi presiede una cattedra all’Istituto Europeo di Design di Madrid ed è docente ospite di diverse università internazionali - ha raccontato al pubblico la sua filosofia attraverso la musica, accompagnata dal cantautore Emanuele Belloni e dalle percussioni di Massimo Ventricini. “Un modo efficace per avvicinare l’architettura al sentire comune”, commenta Giovannangelo De Angelis, presidente dell’associazione PIDA, che organizza l’evento con la forte collaborazione dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori di Napoli e Provincia.
“Siamo contenti di aver dato il nostro contributo a un evento di spessore, in grado di incentivare il turismo culturale a Ischia, un target al quale l’isola mira sempre di più”, ha invece sottolineato Emilio Giuseppe Di Meglio, assessore al Turismo del Comune di Serrara Fontana, che ha patrocinato la serata iniziale, organizzata da Giuseppe Iacono Divina.
Christine Dalnoky si è laureata all’École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi e all'École nationale supérieure du paysage di Versailles. E’ tuttora collaboratrice di Michel Corajoud e Alexandre Chemetoff. Nel 1986 ha vinto il concorso dell’Accademia di Francia a Roma. Di ritorno a Parigi fonda con Michel Desvigne l’Agenzia per il Paesaggio Desvigne & Dalnoky che lavora principalmente per enti pubblici, aziende e agenzie di architettura europee. Progetti e realizzazioni sono regolarmente pubblicati su riviste internazionali. Ha lavorato con Renzo Piano per molti progetti. Dal 2002 ha continuato il suo lavoro nell’Agenzia per il Paesaggio in collaborazione con Patrick Solvet. Christine Dalnoky insegna attualmente all’École nationale supérieure du paysage di Versailles.
• PREMI E PARTECIPAZIONI
Ha partecipato a numerosi festival vincendo premi nazionali ed internazionali tra cui:
• 2014 - Parma International Music Film Festival - Parma
“Violetta d'Argento” per il miglior film musicale
con “Francesco Guccini La mia Thule”
• 2013 - Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi - Riccione
Premio per la migliore fotografia - Menzione Miran Hrovatin
con “Muri”
• 2009 - Rhode Island International Film Festival - Rhode Island
Premio per la Migliore Fotografia
con “Megalopolis”
(Los Angeles, San Paolo, Il Cairo, Karachi, Shenzhen, Tokyo)
• 2009 - PIDA. Premio Ischia di Architettura - Ischia
con “Megalopolis”
(Los Angeles, San Paolo, Il Cairo, Karachi, Shenzhen, Tokyo)
• 2008 - 11th United Nations Association Film Festival – Stanford (California)
Premio per la Migliore Fotografia
con “Megalopolis”
(Los Angeles, San Paolo, Il Cairo, Karachi, Shenzhen, Tokyo)
• 2008 - Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi - Riccione
Premio della Critica
con “Megalopolis”
(Los Angeles, San Paolo, Il Cairo, Karachi, Shenzhen, Tokyo)
• 2008 - Premio Internazionale del Documentario e del Reportage mediterraneo - Torino
Premio Speciale "Arco Latino"
con “Partire, Ritornare. In viaggio con Tahar Ben Jelloun”
• 2007 - 'Ischia Film and Musica Global Fest - Ischia
Premio Documentario
con “Il bravo gatto prende i topi”
• 2006 - David di Donatello
Miglior documentario di lungometraggio
con “Il bravo gatto prende i topi”
• 2006 - Capri, Hollywood Film Festival - Capri
Premio Documentario
con “Il bravo gatto prende i topi”
• 2005 - Worldfest. Houston International Film Festival - Houston
Gold Remi Award
con “Blue Highways. Voices of the Other America”
• 2000 - Future Film Festival - Bologna
Primo Premio 2000 DIGITAL AWARD
con “DIECI PAROLE AL DUEMILA”
• 1998 - Backstage Festival – Bologna
Premio Cinema con “Caro Nanni”
Con le sue opere Conversano ha partecipato e ottenuto riconoscimenti a Festival ed eventi internazionali tra cui:
Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, Triennale di Milano, Solomon R. Guggenheim di New York, MASS Moca del Massachusetts, Centre Georges Pompidou di Parigi, New York Film Festival, Taormina FilmFest, Festival Internazionale del Film di Locarno, Hot Docs Canadian International Documentary Festival di Toronto, Indie Memphis Film Festival, FIFA di Montreal, IDFA di Amsterdam, Festival Internazionale del Film di Roma, Chicago International Documentary Film Festival, Houston International Film Festival, Asiatica Film Mediale di Roma, Denver Film Festival, San Francisco Documentary Festival, Tiburon International Film Festival, Torino Film Festival, Festival della Letteratura di Mantova, Kosmopolis – International Litterature di Barcellona, Tokyo Japan Prize, Le Voci dell'inchiesta di Pordenone, Trieste Film Festival, Ischia Global Fest, Capri, Hollywood Film Festival, International Media North-South Forum di Ginevra, Festival della Letteratura di Viaggio di Roma, Italia Film Festival di Los Angeles, PIDA – Premio Ischia di Architettura, Sole e Luna Doc Fest, Prix du Documentary et du Reportage Mediterraneen di Torino, Cinemambiente – Enviromental Film Festival di Torino, Oxford Film Festival, Fiera del Libro di Torino, Istituto Italiano di Cultura di Parigi, Creativitalia: The Joy of Italian Design di Tokyo, Museo del Castello di Rivoli, FIPA di Biarritz, Arizona International Film Festival, Abu Dhabi Film Festival, Parma International Music Film Festival, Aljazeera International Documentary Film Festival.
• FILMOGRAFIA
Film documentari
• C'è un posto per me nel mondo. (2016)
• Ho scelto la prigionia. Diario di un Internato Militare Italiano (2015)
• La linea gialla. Bologna, 2 agosto (2015)
• Ritorno a Spoon River (Return to spoon River) (2015)
• Ai cari soldati. Storie di donne nella Grande Guerra (2014)
• Pinocchi di trincea. Il corpo ferito nella Grande Guerra (2014)
• La Repubblica delle idee (2013)
• Autostop. Italiani in viaggio al tempo della crisi (2013)
• Francesco Guccini La mia Thule (2013)
• Caro Dudù. Un ritratto di Raffaele La Capria (2012)
• Viaggetto nella pianura (2012)
• Muri (2012)
• Paesaggi con figure (2011)
• Letteratura e Risorgimento (2010)
• Narratori di pianura e da bar (2010)
• Viaggetto sull'Appennino. A piedi da Piacenza a Rimini (2009)
• Ci sentivamo Superman. Storie di disagio giovanile (2009)
• Perché Napule nun po' murì. Storie di disagio giovanile (2009)
• I luoghi dell'altro. Diario di viaggio di Joe R. Lansdale in Puglia (Other people's places. Joe R. Lansdale Notebooks in Puglia) (2009)
• PAsseggiate romane. Diario di viaggio di Mo Yan (Walking Rome. Mo Yan's Travel Book) (2009)
• Strade Blu. La provincia americana al tempo della crisi (Blue Highways. Small Town America in a Time of Crisis) (2009)
• Chi mi ridarà quegli anni. Storie di bullismo e disagio giovanile (2008)
• Megalopolis (2007)
• Amma. La madre dei "senza terra" (2007)
• Indigeni della repubblica (Indigenes de la republique) (2007)
• Partire, Ritornare. In viaggio con Tahar Ben Jelloun (Partir et Revenir. En voyage avec Tahar Ben Jelloun) (2007)
• Il mare in una stanza (2007)
• Allegro con spirito. Claudio Abbado e l'Orchestra Mozart (2006)
• Taccuino indiano (Indian Notebook) (2006)
• Dove la bellezza non si annoia mai. A Bologna con Tahar Ben Jelloun (2005)
• Atlante veneziano (2005)
• Il bravo gatto prende i topi (The good cat caches the mice) (2005)
• Buongiorno Cina. Storie del secolo cinese (Good morning China. Stories from the Chinese Century) (2005)
• Central express (2004)
• Bologna e Bologna (2003)
• Due o tre cose che so di lei. Tonino Guerra e la Romagna (2003)
• Strade blu. Storie dalla provincia americana (Blue Highways. Voices of the Other America) (2004)
• Strade blu. Storie dalla provincia americana (Blue Highways. Voices of the Other America) (2002)
• Nell'anno 2002 di nostra vita. Io, Francesco Guccini... (2002)
• Lucio Dalla Confidential (2001)
• Shanghai mon amour. Le notti di Mian Mian (Shanghai mon amour. Mian Mian Nights) (2000)
• Jazz e dintorni. Un giorno con... (2000)
• Fra il Danubio e il mare. Il mondo di Claudio Magris (Between the Danube and the sea. The World of Claudio Magris) (2000)
• La vera storia di Björn Larsson. Un vagabondo a Gilleleje (The real story of Björn Larsson. An hobo in Gilleleje) (2000)
• Mosca non ha cuore. Il mondo di Vladimir Sorokin (Heartless Moscow. The World of Vladimir Sorokin) (2000)
• Que viva Mexico! Paco Ignacio Taibo II e Città del Messico (Que viva Mexico! Paco Ignacio Taibo II y Mexico City, DF) (2000)
• Barry Gifford. Un cuore selvaggio a New Orleans (Barry Gifford. Wild heart in New Orleans) (1999)
• Dieci parole al Duemila (1997)
• Gone with the Vespa. Al cinema in Vespa (1996)
• Caro Nanni (1993)
• Viaggetto sul Po (1991)
• La rosa dei nomi (1989)
• Architetto: Renzo Piano (1987)
Nasce a Parigi nel 1992. Oggi lo studio ha sede a Bologna e si avvale di un team di architetti e ingegneri provenienti da diversi paesi. MCA possiede una solida esperienza nella progettazione architettonica con particolare attenzione alle tematiche energetiche ed ambientali e nella ricerca tecnologica, anche attraverso collaborazioni con Istituti Universitari e programmi di ricerca banditi dalla Commissione Europea. La cura e la professionalità di MCA tocca ogni fase del processo di design, dalla progettazione architettonica fino alla progettazione del paesaggio, sostenibilità, interior design, project management, direzione artistica.
INTERVISTA A MARIO CUCINELLA
Mario Cucinella è il vincitore del PIDA internazionale alla sostenibilità per il suo interesse per i temi legati alla progettazione ambientale e alla sostenibilità in architettura.
Nato in Italia nel 1960, si è laureato presso la facoltà di Architettura di Genova nel 1987 e ha fondato Mario Cucinella Architects a Parigi nel 1992 e Bologna nel 1999. Mario Cucinella ha raccolto sin dall'inizio della sua attività importanti riconoscimenti in concorsi internazionali di progettazione e si dedica costantemente alla ricerca e allo sviluppo di prodotti di design industriale. Ha inoltre sempre coltivato uno speciale interesse per i temi legati alla progettazione ambientale e alla sostenibilità in architettura. Prima di aprire MCA, Mario Cucinella ha lavorato per cinque anni nello studio di Renzo Piano a Genova e successivamente a Parigi. E' "visiting Professor" all'Università di Nottingham e tiene regolarmente conferenze in Italia e all'estero.
Chi è Mario Cucinella? Una breve autopresentazione…
Sono un architetto, ma oggi per me questa definizione ha uno spettro più ampio. Il ruolo dell’architetto nella società attuale va ben oltre l’aspetto tecnico in cui negli ultimi decenni è stato relegato. L’architetto è quella figura che grazie alle sue conoscenze storiche, sociologiche, umanistiche, filosofiche pone l’attenzione sui grandi temi attorno ai quali oggi c’è un enorme vuoto: l’abitare, il costruire, la città, la pianificazione urbana, il rapporto con l’ambiente. Ad esempio parlare di ecologia significa ricostruire un rapporto che si è rotto tra l’uomo e la natura, un rapporto in cui l’attenzione va puntata principalmente sull’uomo. Come dice un ex partigiano, bisogna ripartire dai principi fondamentali, bisogna ricostruire i valori delle persone.
La progettazione, quindi, è il frutto della interconnessione di una serie di valori?
Sì, ma gli architetti non sono stati capaci di fare questo. L’architetto è stato utilizzato come uno strumento; da circa quaranta anni il suo ruolo è stato risucchiato dalla macchina del profitto. Nella continua e quotidiana caduta di valori non c’è più rispetto per l’architetto. C’è poi anche una conflittualità insita nel mestiere dell’architetto. Il costruire è un atto che va fatto con molta responsabilità e seguito in ogni sua fase. Ma gli architetti non hanno un potere che gli permette di governare il processo nella sua interezza. Quasi sempre sono imprigionati in un meccanismo che li oltrepassa.
Chi governa questo meccanismo? Chi decide al loro posto?
Un po’ tutti pensano di saper fare il mestiere dell’architetto. E’ un lavoro umiliato perché la gente crede che sia un modo per fare profitto e non cultura. Si è rotto il legame profondo che il nostro paese ha con la storia e con la cultura artistica del passato che ha prodotto i capolavori che possiamo ammirare. Se ci fosse stato questo modo di pensare, non avremmo mai avuto un Brunelleschi o le belle città che ci hanno lasciato gli architetti del passato.
Da quanto tempo è iniziato questo fenomeno?
Dopo la seconda guerra mondiale. L’emergenza, la necessità della casa, la ricostruzione hanno generato un sistema che si autoalimenta. In Italia manca la una politica del governo che concepisca l’architettura come uno strumento di rappresentanza, come un biglietto da visita per la nazione. Oggi si parla maggiormente di architettura, ma solo un fenomeno estetico. Non si è coltivata nel tempo l’architettura italiana e per questo si ricorre agli architetti stranieri quando si vuole dare un’immagine di grandezza, che poi stride con la realtà quotidiana. Non si è coltivato il talento di tanti giovani, non si sono create opportunità di lavoro e si è causato un danno sociale. Negli altri paesi ci sono realtà culturali più interessanti delle nostre. Gli architetti contribuiscono con le loro scelte al governo della città. In Italia no. Anche il sistema delle imprese è coinvolto in questo nel mal governo e nelle scelte sbagliate. Per questo oggi è più importante che mai la legge sull’architettura.
Come si può uscire da questa situazione?
Bisogna saper cogliere i molti segnali positivi che si percepiscono. Bisogna avere il coraggio di tracciare la linea del risultato. Siamo in un momento di passaggio, si sta abbandonando un sistema in crisi. La fragilità dell’economia mondiale dice che siamo sull’orlo di un traghettamento e in questo momento si possono generare opportunità interessanti. Bisogna considerare i nuovi sistemi di comunicazione e di diffusione delle notizia. La rete è uno strumento capace di mobilitare le masse, di creare opinioni e orientare le persone. I maggiori fenomeni si sono propagati attraverso la rete.
Le è stato assegnato il PIDA internazionale alla sostenibilità, cosa significa per lei questo premio?
Promuovere attraverso i premi la sostenibilità è importante, allarga l’informazione, aumenta la conoscenza e fa crescere la sensibilità. In un mondo globalizzato non si può parlare di sostenibilità in modo generalizzato. Questo fenomeno deve essere legato ai luoghi. Gli architetti rispondono alle condizioni dei luoghi. Siamo eredi del movimento moderno che ha volutamente ignorato i luoghi e la sostenibilità. Dobbiamo pensare a cosa stiamo facendo e emendare gli errori.
“Da eco-mostro a eco-beauty” parliamo dell’oggetto da progettare durante il Workshop PIDA 2011 di cui lei è il direttore, qual è la strategia progettuale giusta?
L’eco-mostro è una triste e banale struttura in cemento armato mai completata, costruita senza attenzione al clima e alle condizioni locali. Occorrerà un’operazione di chirurgia plastica per riadattarlo alle condizioni climatiche locali per restituirlo alla città. Infatti in Italia le città sono importanti per l’uomo. Grazie al clima favorevole si può vivere molto all’aperto e le piazze sono un importante luogo di incontro e scambio e gli edifici devono essere pensati come degli oggetti belli da vedere e vivere. Infatti se un edificio è bello rimane tale anche in un posto sbagliato. Questo vale anche per la struttura sulla quale è incentrato il workshop.
Qual è il suo progetto a cui è più legato?
In generale non torno mai a vedere quello che ho fatto. È un progetto di housing sociale: la casa da 100.000,00 euro. E’ un tema difficile da affrontare in Italia perché non ci sono gli strumenti legislativi per farlo, si continua a parlare di housing sociale come si faceva negli anni cinquanta.
Orazio La Monaca, l’energico, di Luigi Prestinenza Puglisi
È facile, relativamente facile, produrre buona architettura in Svizzera, a Basilea o a Zurigo, meno in Italia. Dove è più semplice realizzarla in Lombardia, a Milano, che in Sicilia. Mentre nell’isola si trovano meno difficoltà a Palermo che a Favara e a Castelvetrano.
Orazio La Monaca opera proprio a Castelvetrano. Comune italiano di 31.680 abitanti, diretto da giugno 2017 da Salvatore Caccamo, Elisa Borbone e Concetta Maria Musca: tre commissari straordinari insediati dal governo con funzione anti mafia.
Castelvetrano, come accade nelle città di provincia della Sicilia, è dotata di inaspettate risorse. Ha palazzi e chiese di rara bellezza e ha dato i natali a illustri personaggi: per esempio il filosofo Giovanni Gentile. Ospita nel suo territorio il parco archeologico di Selinunte, uno dei più belli del mondo. Produce olio e vini dalle ricercate caratteristiche organolettiche. Ma, certamente, non è una realtà politica e amministrativa semplice. Nel suo territorio, per esempio, si trova la borgata marinara di Triscina, nota per essere uno degli insediamenti a più alto tasso d’abusivismo d’Italia. Inoltre, Castelvetrano, come molte cittadine del meridione, non brilla per edilizia contemporanea: non la si può lodare per gli interventi privati, spesso negligenti e raffazzonati, e nemmeno per quelli, sovente scarsi, sciatti e mal finanziati, promossi dalla mano pubblica.
Orazio La Monaca non si è mai rassegnato a questo stato di cose e ha evitato le due strade spesso percorse dai progettisti che operano in realtà tanto difficili: abdicare di fatto alla propria professione, limitandosi a compilare moduli e fare pratiche edilizie, oppure disegnare opere di pura e astratta poesia destinate a rimanere sulla carta.
Ha puntato, invece, sia sui committenti privati sia su quelli pubblici, attivando una strategia che merita di essere raccontata.
Di regola, quando c’è poco lavoro, i progettisti cercano di recintare, se non blindare, il proprio territorio, per evitare l’accesso ai concorrenti. Senza considerare però che, così facendo, alla fine producono terra bruciata anche per loro stessi. La Monaca ha invece tentato un’altra scommessa: trasformare il territorio in un luogo in cui di progettisti ne venissero molti e da tutta Italia per stimolare con la loro presenza e i loro racconti una domanda qualitativamente più ricercata.
In questo, occorre dire, è stato aiutato da Gianni Pompeo, il sindaco in carica dal 12 dicembre 2001 al 22 maggio 2012. Un medico che aveva intuito, forse perché glielo suggeriva la propria professione, che un malato lo si guarisce solo facendolo curare da specialisti.
Orazio La Monaca, Studio, progetto di riordino del fronte a mare, Marinella di Selinunte (TP), 2010, photo courtesy Studio Orazio La Monaca A CASTELVETRANO
L’occasione arriva già nel 2001 quando il comune di Castelvetrano decide di utilizzare a fini pubblici i terreni confiscati alla mafia e ubicati nella zona nord occidentale della città. Prevista la costruzione di nuovi uffici comunali, della pretura, delle caserme dei carabinieri e di una chiesa. A vincere il concorso è un gruppo di tre studi siciliani associati tra loro. Sono Santo Giunta, un ancora giovane architetto palermitano, gli ingeneri Leonardo Tilotta e Simone Titone, esperti negli aspetti tecnico-costruttivi, e Orazio La Monaca. Approvato il masterplan, il comune decide di iniziare i lavori partendo dalla realizzazione dei propri uffici. Che avviene in tempi relativamente brevi. L’opera fa il giro delle riviste di architettura, va alla Biennale e ottiene diversi riconoscimenti, in considerazione del fatto che sorge proprio su un’area sottratta alla mafia e grazie a un disegno di insieme e di dettaglio asciutto e poetico, giocato sulla relazione tra le masse murarie e le bucature.
Insieme al masterplan, Castelvetrano mette in cantiere altri progetti: tra questi la realizzazione di un sistema di piazze affidato a Pasquale Culotta e Giuseppe Guerrera, un concorso per una piazza a Triscina vinto da Maurizio Oddo e altri progettisti, un incarico per l’accesso al parco di Selinunte da Triscina affidato a Giuseppe Guerrera e un progetto nel centro storico dell’urbanista Giuseppe Carta.
La Monaca, diventato, grazie al successo ottenuto dal municipio, uno dei più ascoltati consiglieri del sindaco, intuisce che Castelvetrano può puntare di più sull’architettura. Approfittando dell’occasione di un premio datogli da una giuria della quale facevo parte, mi contatta e mi chiede di suggerirgli un architetto noto che avrebbe potuto proporre idee per il porto turistico nella borgata di Santa Marinella, a pochi metri dal parco archeologico. Insieme lo troviamo – è Odile Decq ‒ ma, a questo punto, capiamo che, per evitare l’effetto archistar, occorre anche un concorso dalle procedure innovative e aperto ai giovani architetti su sei aree della borgata stessa. Concorso che viene lanciato e costituisce il precedente di un incontro annuale di architettura oggi diventato uno dei più importanti d’Italia: Architects Meet in Selinunte. Da quel momento Castelvetrano, insieme al Parco Archeologico di Selinunte, è un luogo dove si producono mostre, si invitano artisti, si attivano workshop che interessano anche realtà comunali limitrofe quali Sambuca di Sicilia e Santa Margherita di Belice. Dove passano figure del calibro di Daniel Libeskind, Mario Bellini, Benedetta Tagliabue, MVRDV, Dante Benini, RCR Arquitectes, Guido Canali, Massimiliano Fuksas, William Alsop, Allies e Morrison.
Nato a Potenza nel 1931, vive a Napoli da sempre. Artista e designer di rilievo internazionale
I suoi lavori sono presenti in numerose collezioni private e nei più prestigiosi Musei europei e d'oltreoceano (Mus´e des Art D´coratifs, Parigi; Museo di arti decorative, Groningen - Olanda; Denver Art Museum, Denver-Colorado; Museo d'Arte, Montreal - Canada; Museo della Triennale di Milano; Centre Pompidou di Parigi).
Nel panorama dell'arte contemporanea, spesso cupa ed angosciosa, le sue sculture rivelano un artista "che sa essere garbato ... gioioso, ilare, ironico e anche umano, fantastico, persino grottesco" (G. Dorfles).
I suoi disegni sgorgano rapidi dal vivo della sua interiorità più sensibile e sembrano uscire spontaneamente dalla penna, dalla mano. Le sue opere sono il frutto di un capovolgimento del processo creativo, in cui "il progetto non è l'idea a monte del lavoro ... bensì lo sbocco, lo svelamento finale di un'attività concreta" (A. Bonito Oliva).
Dalisi usa il linguaggio come strumento di comunicazione diretta. "Non c'è una ricerca intellettuale del simbolico", precisa l'artista, " perché è l'immediatezza del sentimento che mi interessa, questa fonte del nostro sentire da cui viene l'amicizia, la simpatia, l'amore su cui si fonda la cultura".
La sua ricerca espressiva spazia, quindi, nel mitico, nell'arcaico, nel sacro. Materiali poveri (ferro, rame, ottone) sono impiegati con amorevole manualità artigianale; nell'epoca dell'elettronica e della high tech, ridona umanità e giocosa piacevolezza alle sculture, alle figure.
"Da queste materie, opportunamente lavorate, vengono alla vita dell'arte i Suonatori, i Re, i Centauri e la Sfinge, le figure della Devozione, Cristo e la Madonna, i Guerrieri. Questi materiali umili vengono trattati dall'artista con tecniche antiche e memoria sapienziale, a sottolineare lo scarto fra la loro povertà e la persistenza e vitalità di un patrimonio irrinunciabile. A indicare quella corrente che attraversa, nel profondo, animandoli, luoghi e concezioni distanti" (A. Trimarco).
Nell'arte di fine millennio, specchio dolente e terrifico della drammatica condizione del mondo contemporaneo, l'opera di Dalisi, le sue statue, i suoi disegni, le decorazioni, gli oggetti d'uso emanano messaggi di serenità e speranza, di gioia di vivere, di fiducia nelle possibilità dell'Uomo, nella religiosità da cui si genera limpida intelligenza.
Dalisi appartiene a quella generazione di architetti, cresciuti sulle ceneri di un razionalismo ormai in crisi. Laureatosi a Napoli nel '57, in pieno "razionalismo organico", si è distinto come l'architetto inventivo. Allievo di Della Sala, che aveva lavorato con Gropius, imparò, da lui, l'incontentabilità: non essere mai soddisfatti dei risultati, lasciarsi stimolare anche dall'errore, una variabile che apre spazi mai programmabili.
Nel 1967 scrive, Forma, Intervallo, Spazio, affrontando uno studio sull'intervallo tra la forma e lo spazio che sembra vuoto...
Nel 1969 prende la libera docenza all'Università.
Nel 1970 scrive Architettura dell'imprevedibilità, esponendovi la geometria generativa che vede lo spazio come una pulsazione di regole geometriche ricchissime, accumulabili, con proprie regole e riscontri nella realtà urbana moderna. Ogni situazione ne può generare altre diverse. La Geometria Generativa è divenuta una teoria verificata, in un metodo didattico insieme agli studenti, che ancora oggi si mostrano molto contenti di lavorare su questa base di impostazione teorica.
Ha lavorato con Michele Capobianco e con Massimo Pica Ciamarra per la Borsa Merci di Napoli contribuendo al progetto secondo i principi della geometria generativa riferiti all'architettura.
Un giorno del 1971 a Milano discute, con Giancarlo De Carlo, il progetto di una scuola, architettonicamente impostato sulla geometria generativa che, però, contiene, intenzionalmente, l'idea di partecipazione a cui è già interessato. Partecipazione intesa come accumulo di forme diverse, di soluzione che deriva dal rapporto con la molteplicità delle relazioni sociali.
Ne nascono delle critiche che gli fanno dire: "La partecipazione la faccio davvero".
Tornato a Napoli, va nel Rione Traiano e con i suoi studenti inizia quel lavoro sulla partecipazione creativa, poi pubblicato su Casabella, da cui nascono gli scritti per il libro Architettura d'animazione, del 1975. L'andare al quartiere costituisce in sé, globalmente, uno stimolo continuo; è uno stimolo, soprattutto, la tensione a provocare i bambini alla produzione creativa. In primo piano balza l'interazione intensa e la rottura d'uno schema mentale, cioè di una distinzione netta tra cultura popolare e aulica.
Centre Pompidou di Parigi, inaugurazione della mostra «Un art pauvre» di Riccardo Dalisi
Dalisi chiama di tecnologia povera quel lavoro, in corso già da diversi anni, di grande interesse sia linguistico che politico, i cui temi principali sono la tecnica ed i materiali poveri.
Nel 1973 è tra i fondatori con Mendini, Branzi, Sottsass ed altri della Global Tools, una contro-scuola di architettura e design che riunisce, all'interno di un programma di ricerca unitario, tutti i gruppi e le persone che in Italia coprono l'area più avanzata della cosiddetta architettura radicale. Si tratta di raccogliere le tante energie delle avanguardie, che già vacillano verso un'incerta maturazione, e di incanalarle oltre gli anni della grande compressione creativa del '68. Le esperienze di Riccardo Dalisi al Rione Traiano di Napoli sono un importante riferimento alla ricerca della Global Tools.
Negli stessi anni si dedica allo studio su Gaudí: Dalisi è particolarmente attratto dalla personalità del maestro catalano, tanto da sentirsi in parte un suo continuatore. Nel libro Gaudí mobili e oggetti (Milano, Electa, 1978), cè 'una grande attenzione per l'uso dei materiali, alcuni particolari accostamenti, una ricerca di frammenti da cui nascono oggetti richiamati ad una nuova vita, ad un nuovo significato che compie Gaudí, e che tuttora compie Dalisi. L'esaltazione del ruolo della manualità comincia a sviluppare i primi comportamenti teorici e sperimentali che dovevano preparare la figura del design. In questo senso Gaudí ridiventa esemplare ed importante. Lo stesso uso dei frammenti anticipa le molte tecniche linguistiche dell'arte moderna, dal bricolage al collage, alle sostituzioni, allo spiazzamento.
Nel 1979, incaricato dalla ditta Alessi di produrre una versione della classica napoletana, inizia il suo lavoro di ricerca sulla caffettiera napoletana. Dai prototipi inventati nel quotidiano rapporto coi lattonai ed i ramaioli di Rua Catalana, Dalisi ha sempre sperimentato nuovi usi e funzioni per quello strumento che è ormai diventato il fulcro di un'opera buffa del design, premiata con il Compasso d'Oro 1981. Questa ricerca, che ha prodotto caffettiere di varie fogge e sculture che giocano con i sottintesi di quelle vecchie forme, sembra non avrà mai fine, come la manipolazione di un oggetto magico, che rivela ad ogni mossa del giocatore una parte nuova di sé e dell'uomo che lo muove. E' stato come entrare nei sotterranei della storia d'un popolo, nell'anima di una città attraverso un processo di analisi storica e sociologica; la caffettiera si è animata, si è fatta produzione fantastica, espandendosi sempre più. Nel 1987 la caffettiera napoletana entra in produzione e Dalisi diviene internazionalmente noto.
Riccardo Dalisi introduce, nel design il folclore, la manualità artigianale, i materiali antichi. Nei suoi progetti, ha sempre concepito spazi modellati sulle forme viventi e sull'idea di trasformazione; "forse la più famosa delle metamorfosi è quella che ci racconta Collodi, di Pinocchio nel paese dei balocchi", ama ribadire Dalisi che ha applicato la sua idea - guida nell'architettura aperta di scuole e case, come nella progettazione di mobili e oggetti d'uso comune. Il suo nome si associa immediatamente all'invenzione poetica di oggetti e arredi che rievocano l'infanzia, la poetica del quotidiano, la libera espressione dell'arte. "Di fatto tutti mi dicono che sono un poeta", esordisce Dalisi raccontando di sé. "Per me è stato difficile entrare nel mondo del design, anche se ho iniziato regolarmente come architetto".
Come designer ha una grande esperienza e dottrina, creando forme che sono state commercializzate da note aziende quali: Zabro, Zanotta, Alessi, Oluce, Playline, Morphos, Fiat, Munari, Kleis, Baleri, Rex, Slamp, Eschenbach, W.M.F., Rosenthal, Ritzenhoff, Il Cocchio, Glass, Bisazza, ed altre.
Nel 1995 incomincia la sua produzione di sculture, ottenendo subito esiti importanti e sicuri come attestano le mostre a Palazzo Reale di Napoli e a Palazzo Marigliano a p.zza dei Martiri a Napoli, a Lamezia Terme (Catanzaro), a piazza Esedra a Salerno.
Nel 1997, in collaborazione con la C.N.A. (settore artistico) di Napoli, la Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali, ed il Comune di Napoli, ha coinvolto i suoi artigiani per l'allestimento, ormai diventato permanente, di Rua Catalana con le sue sculture e i suoi lumi. L'esperienza è partita dall'originale ed interessante idea di realizzare le opere d'arte disegnate dall'architetto Dalisi con la manodopera locale e con i materiali già definiti poveri, trasformando e illuminando Rua Catalana. L'esperienza, denominata Napolino, dal nome di un lume - scultura realizzato per l'occasione, ha l'obiettivo di far emergere la strada come monumento vivente, paragonabile ad un progetto che fu attuato a Napoli negli anni '70 e che vedeva impegnati tutti i gruppi di avanguardia italiani, i radicals, che hanno fatto la storia del design italiano, influendo sull'arte e sull'architettura, e che tanta eco hanno avuto anche fuori Italia fino ai nostri giorni. Quella scuola si chiamava Global Tools e Rua Catalana sembra esserne una reinvenzione ed attuazione assai interessante. Qui tutto avviene all'insegna di un laboratorio sperimentale che vuole far emergere il grande tema della necessità del piano estetico e della forza immaginativa; un laboratorio per rinnovare, mantenere in vita e sviluppare l'attività produttiva manuale, l'artigianato, che ha tanta importanza nella nostra economia ed in particolare nel Sud. L'attività, svolta con la partecipazione di studenti di architettura, ha fatto denominare tutta l'iniziativa Università di Strada.
Nel 1998 Napolino è selezionato dalla Comunità Europea come uno degli otto progetti pilota da adottare e diffondere nel mondo, per l'elevato livello culturale.
Riccardo Dalisi nel suo studio - laboratorio
Ha insegnato per anni, come professore ordinario, Composizione Architettonica, presso la facoltà di Architettura di Napoli ed è stato fondatore e direttore della Scuola di Specializzazione in Disegno Industriale, presso la stessa facoltà.
Di particolare rilievo è la sua pubblicazione teorico - didattica, del 1998, per Electa, Progettare senza pensare.
Nel giugno del 2016, al Centre Pompidou di Parigi, viene inaugurata la mostra «Un art pauvre» che espone le opere di Riccardo Dalisi acquistate dal Museo per la collezione permanente.
Vengono esposte le opere di «arte povera» realizzate negli anni Settanta coi ragazzi «a rischio» del Rione Traiano. L'impegno nel sociale che Dalisi prosegue ancora oggi, con lo stesso spirito, al Rione Sanità e all'Ospedale dell'Annunziata nel cuore di Forcella a Napoli, gli fanno conseguire il secondo Compasso d'Oro alla carriera.
Come commenta il Premio PIDA per la Fotografia appena ricevuto?
"Come un dono del tutto inaspettato. Questa iniziativa, con i premi e tutte le attività in corso in questa settimana, è sana, vera, fatta da persone che ci credono e cercano di dare un contributo per migliorare le cose. Una iniziativa che cerca di portare cultura e qualità e la fotografia che rappresenta gli spazi architettonici, può contribuire a questo obiettivo. Vengo da una città molto viva nella promozione culturale, in questi giorni si stanno aprendo ben sei mostre, e dunque apprezzo ancora di più e capisco il grande sforzo che c'è dietro questo progetto. Il fatto, poi, che il premio mi sia arrivato da persone che non conosco mi gratifica, perchè vuol dire che è stato scelto proprio il mio lavoro, e mi conferma l'impressione che si tratti di un'operazione sana".
E' anche l'occasione per esporre a Ischia, in spazi particolari come quelli del Castello Aragonese
"Prima di qualunque decisione, ho voluto fare un sopralluogo dello spazio espositivo e in base a quello ho scelto alcune cose che avevo già e molte che ho stampato apposta. Ho usato questa occasione come una riflessione personale sul lavoro di questi anni, ormai oltre trenta, visto che ho iniziato nell'86. Ho selezionato alcuni lavori recenti, ma per la maggior parte sono fotografie fatte su pellicola. Ho attraversato in questi anni le varie fasi del cambiamento tecnologico, la materia è cambiata, siamo passati dalla pellicola al digitale, che uso oggi. Una materia molto diversa, che incide molto sulla caducità dei lavori. Con tutti i suoi vantaggi, però il digitale non è paragonabile alla pellicola, che resta nel tempo".
Come potrebbe definire il suo rapporto con le immagini che realizza?
"Ogni fotografia è una immagine mia interna che vado a costruire. La fotografia è la registrazione dell'immagine interiore di una persona proiettata sul mondo. La fotografia introduce a dei grandi percorsi di consapevolezza, sia individuali che collettivi. E sollecitare la consapevolezza nell'osservare e raccontare il mondo anche per immagini sarebbe la missione della fotografia. Purtroppo, è molto trascurata a livello universitario e del mondo accademico. E invece bisognerebbe restituirle autorevolezza, tanto più ora che tutti la usano perlopiù in modo inconsapevole".
E il rapporto con gli architetti di cui fotografa le opere?
"Mi considero una fotografa al servizio. Devo lavorare su un testo complesso già scritto dall'architetto e raccontarlo. Il rapporto con gli autori è molto vario, c'è chi lascia libertà e chi cerca di condizionarti. Personalmente, cerco di sottrarmi ai condizionamenti. Certo, si tratta sempre di una interpretazione, perchè nel fotografare un qualunque oggetto ci sono i filtri del mio patrimonio di conoscenza, della mia sensibilità, che si devono confrontare con l'idea di chi ha generato l'oggetto. Ma questo vale anche in rapporto ad un territorio, quando si fotografano dei luoghi. Anche in quel caso si deve essere al servizio e mediare tra lo sguardo esterno del fotografo e quello dall'interno di chi ci abita. E un confronto molto interessante, che ha avuto un ruolo importante nel progetto che abbiamo realizzato all'Aquila".
Prima o dopo il terremoto?
"Dopo. In due momenti diversi. Il primo è stato nel 2010, in otto abbiamo allestito una mostra "Sisma and city", che abbiamo presentato a Palazzo Ducale a Venezia e di cui si è parlato molto. Come atto di ribellione al sistema, abbiamo deciso di creare un collettivo e di non firmare singolarmente le foto. Abbiamo costituito una rete locale e mappato con le foto tutta l'area rossa, prima della messa in sicurezza. Un lavoro enorme, tutto autofinanziato, che è ha disposizione come archivio di immagini della città colpita. Poi abbiamo organizzato un gruppo ancora più numeroso, ben 5 fotografi scelti tra i migliori professionisti italiani. Per una settimana ci siamo trasferiti all'Aquila e siamo usciti ogni giorno ciascuno accompagnato da un residente aquilano. Ne è uscita una grande testimonianza della città che vorremmo consegnare e mettere a disposizione di una istituzione. Intanto, faremo un'esposizione alla Triennale ad ottobre. Avevamo pensato di riprodurre questo schema in altri territori, sempre in collaborazione con la gente del posto. Abbiamo fatto qualcosa in Sardegna, ma l'organizzazione è complessa, anche per il finanziamento che è un problema".
Ha avuto modo di visitare la zona terremotata di Casamicciola?
"Ancora no, ho dovuto allestire la mostra, ma conto di andarci, certo".
MOSTRE
• Diaframma, Milano 1974
• Galleria d’Arte Moderna, Modena 1975
• Studio Marconi, Milano 1983
• Deutsches Architekturmuseum, Frankfurt/M. 1986
• Biennale di Venezia 1992, 1993, 1997 e 2004
• Hunter College, New York 1997
• Ikona-Magazzini del Sale, Venezia 1998
• Fondazione Stelline, Milano 2005
• Palazzo Sarcinelli, Conegliano 2005
• Bugno Art Gallery Venezia, 2006
• Museo Civico, Padova 2007
• Triennale di Milano 2000-2009-2011
• Palazzo Costa Grimaldi, Acireale 2010
• Palazzo Sertoli, Sondrio 2010; Palazzo Corbelli, Fano 2011.
RICONOSCIMENTI
• 24 ottobre 2005, laurea Honoris Causa in Architettura dall'Università degli Studi di Palermo, per la ventennale collaborazione sul tema della città e dell'abitare con le riviste (Lotus, Domus, Casabella, Abitare) e le istituzioni nazionali e internazionali (IBA Berlino, Triennale Milano, Biennale Venezia, CCA Montréal).
• 2006, il professor Italo Zannier gli assegna il Premio Friuli-Venezia Giulia per la Fotografia.
• 2007, Premio “Oscar della Fotografia” a Benevento.
• 2009, Premio “Rodolfo Pucci – La Fibula d’Oro” a Castelnuovo di Garfagnana.
• 2012, l Premio Ischia Fotografia d’Architettura PIDA.
BIBLIOGRAFIA
Monografie
• La Creazione, Galleria d’Arte moderna, Modena 1975
• Giardini e Paesaggi, Jaca Book, Milano 1983
• Figuras de Ciudad, Museo de Arte Contemporaneo, Caracas 1988
• Terra del ritorno, Jaca Book, Milano 1989
• Lazio, Touring Club Italiano, Milano 1991
• Penisola delle Figure, Federico Motta Editore, Milano 1993
• Westwards, S.E.I., Torino 1996-1997
• Ai confini del mare, L’Epos, Palermo 1999
• Cerchi della città di mezzo, F. Motta Editore, Milano 2000
• In corso d’opera, Akzo Nobel Coatings, Cesano Boscone 2000
• Pellegrinaggi occidentali, I.S.S.F., Palermo/Alinari, Firenze 2000
• Frammenti dalla Rocca, Edizioni della Meridiana, Firenze 2002
• Dolce è la luce, Edizioni della Meridiana, Firenze 2003
• Abitare il mondo.EuropE, Soter Editrice, Villanova Monteleone 2004
• Berlin, Figure (portfolio), CUSL, Milano 2004
• Attraverso la pianura, Marietti 1820, Milano 2005
• Senza foce, Regione Lombardia, Milano 2005
• Come un enigma_Venezia, Edizioni della Meridiana, Firenze 2006
• Nascosto in prospettiva. Itaca/Ultreya 2007
• In Berlin, Electa-Triennale 2009
• Berlin, die Stadt, die immer wird, Schirmer/Mosel, Muenchen 2009
• L’altro_Nei volti nei luoghi, Fondazione Credito Valtellinese, 2010
• L’altro_Nei volti nei luoghi, Ultreya/Triennale, 2011
• Via Fausta, Cavallino Treporti Fotografia, 2012
• E.I.A.E._Et In Arcadia Ego, Ultreya, Milano 2012
• Interno perduto_L’immanenza del terremoto, Franco Cosimo Panini Editore, Modena 2012
• Inscape_Piccola creazione, Galleria San Fedele, Milano 2012
• Westwards. Immagini americane, Galleria San Fedele, Milano 2014
• Jerusalem_Figure della Promessa, LEV, Città del Vaticano, 2014
Volumi collettivi
• Idee Prozess Ergebnis, Internationale Bauausstellung Berlin, Berlino 1984
• Fasti barocchi, Electa, Napoli 1984
• Fotografi Siciliani, Focus Randazzo, Palermo 1986
• Tra città e città, Selenia, Cinisello Balsamo 1988
• Milano e il volto del suo governo, Selenia, Cinisello Balsamo 1989
• Gibellina Utopia Concreta, Federico Motta Editore, Milano 1989
• Roma, Peliti Associati, Roma 1991
• Berlino, Jaca Book, Milano; Wasmuth, Tubinga 1991
• Architettura e Spazio Sacro nella Modernità, Abitare Segesta, Milano 1992
• K.F. Schinkel, Federico Motta Editore, Milano; Nerea, Madrid 1993
• Muri di Carta, Electa, Milano 1993
• F.O. Gehry: America come contesto, Electa, Milano 1994
• Il centro altrove, Electa, Milano 1995
• 1987-97 Archivio dello spazio, Artè, Udine 1997
• Sul, Encontros de Fotografia, Coimbra 1997
• Venezia-Marghera, Charta, Milano 1997
• Luce, Oggetto e Architettura, Fondazione Stelline, Milano 1998
• L’Italia nel paesaggio, Ministero per i Beni Culturali, Roma 1999
• Mondocittà, Comune di Gonzaga, Gonzaga 2000
• La città delle Stelline, Fondazione Stelline, Milano 2000
• Paesaggi siciliani, Peliti Associati, Roma, 2001
• Catania in mostra, Tre sguardi sulla città, Comune di Catania 2002
• La visione dell’invisibile, Mondadori, Milano 2002
• Asfalto, Electa, Milano 2003
• Atlante italiano 003, DARC, Roma 2003
• Racconti dal paesaggio, Lupetti Editore, Milano 2004
• Gaetano Pesce, Il rumore del tempo, Charta, Milano 2005
• Entrez lentement, Editoriale Lotus, Milano 2005
• Mediterranea, Motta Editore, Milano 2005
• Alberto Bertagna, La città tragica, Diabasis, Reggio Emilia 2006
• Ereditare il paesaggio, Electa, Milano 2007
• G. Chiaramonte-P. Zermani, Contemporaneità delle rovine–Misura del paesaggio occidentale, Tielleci, Parma 2007
• Dopo la Sicilia, Skira, Milano 2008
• Che cos’è il design italiano, Electa, Milano 2008
• “…e si prese cura di lui”. Elogio dell’accoglienza, Fondazione Culturale S. Fedele, Milano 2009
• Il progetto dello sguardo, Cerruti Arte, Genova 2009
• Prima e dopo il Muro, Contrasto, Roma 2009
• Clear Light, Peliti Associati, Roma 2010
• “L’ora dell’architetto” in Gianni Braghieri. Architetture senza tempo, Il Poligrafo, Padova 2010
• Quali cose siamo, Electa, Milano 2010
• L’Expo di Shangai 2010. Il Padiglione Italiano. L’Italia dei fotografi, Triennale-Electa, Milano 2010
• Cantiere d’autore, Electa, Milano 2010
• La Bellezza nella Parola, Silvana, Cinisello B. 2011
• Evangeliario Ambrosiano, Curia di Milano, 2011
• Vincenzo Melluso_Una casa in Puglia, Ultreya-Itaca, Milano 2012
• Giuseppe Marinoni, Centro Studi FLA, SM OwnPublishing, Milano 2012
• Gloria Bianchino-A.C. Quintavalle, I Mille scatti per una storia d’Italia, CSAC, Parma/Skira, Milano 2012
• A.C. Quintavalle, Fuoco nero, Skira/CSAC, Milano-Parma, 2014
• Potsdam & Italien, La memoria dell’Italia nell’immagine di Potsdam, FHP, Potsdam, 2014
• G.Chiaramonte-A. Siza, La medida do Ocidente, Postcart, Roma 2015
Riviste
• Droga, in “L’Umana Avventura”, n. 3, 1978
• Giardini in Sicilia, in “Enciclopedia per fotografare Fabbri”, 1979
• Neon, in “Enciclopedia per fotografare Fabbri”, 1979
• Discorso di Natale, in “Enciclopedia per fotografare Fabbri”, 1979
• Sequenza nel tempo, in “Enciclopedia per fotografare Fabbri”, 1979
• Verso il celeste, in “L’Umana Avventura” n. 10, 1980
• Die Kraft und die Herrlichkeit der Fotografie, in “Camera Austria”, n. 19-20, 1984
• Bonjour Tristesse. Storia di un progetto, in “Lotus” n. 41, 1984
• Le voci di dentro. Mario Botta, in “Lotus” n. 47, 1985
• Viaggio nel Viaggio in Italia. XVII Triennale, in “Lotus” n. 51, 1986
• Berlino Kochstrasse. Aldo Rossi, in “Lotus” n. 56, 1987
• Wissenschaftszentrum, Berlin. James Sterling, in “Lotus” n. 57, 1988
• Chiesa di S. Giorgio, Montenars. Romano Burelli, in “Lotus” n. 63, 1989
• Cinque piazze a Gibellina. Franco Purini, in “Lotus” n. 65, 1990
• Negozi di Roberto Collovà, in “Domus” n. 727, 1991
• L’opera di Dimitris Pikionis, in “Lotus” n. 71, 1992
• Edgemar Developement. Frank O. Gehry, in “Lotus” n. 73, 1992
• Galleria della Triennale. Gae Aulenti, in “Lotus” n. 83, 1994
• Berlin, in “Domus Dossier”, 1995
• Facoltà di Architettura, Porto. Alvaro Siza, in “Lotus” n. 88, 1996
• Chiesa di S. Pietro. Sigurd Lewerentz, in “Lotus” n. 92, 1996
• Museo Beyeler. Renzo Piano, in “Lotus” n. 97, 1998
• La casa italiana. Italo Rota, in “Lotus” n. 103, 1999
• Peter Zumtor all’Expo di Hannover, in “Domus” n. 828, 2000
• Jean Nouvel, KKL Luzern, in “Lotus” n. 107, 2000
• L’avventura del planning, Giovanni Chiaramonte, in “Lotus” n. 110, 2001
• Utopia a Siena. Adolfo Natalini, in “Domus” n. 845, 2002
• Guardando al Toronto Dominion Center, in “Lotus” n. 112, 2002
• L’altro nei volti e nei luoghi, in “Inoltre” n. 5, 2002
• La sindrome di Varese, in “Navigator” n. 5, 2002
• Italo Rota. Casinò Lugano, in “Domus” n. 867, 2004
• Luce marginale. Immagini da Firenze, in “Opere” n. 5, 2004
• La strada della visione, in “Lotus” n. 129, 2007
• Fondazione Querini Stampalia, in “Lotus” n. 136, 2008
• Natur-Park Suedgelaende, Berlin-Schoeneberg, in “Lotus” n. 144, 2010
• Neues Museum, Berlin, 1859-1943/45-2009, David Chipperfield’s Restoration, in “Lotus” n. 144, 2010
• La soglia magica, in “Lotus” 146, 2011
• Una scatola di luce, un gioco di sguardi, in “Domus” 987, 2015
Libri e saggi critici
• Robert Frank, in “L’Umana Avventura”, n. 2, 1978
• Minor White, in “L’Umana Avventura”, n. 3, 1978
• Mathew Brady, in “L’Umana Avventura”, n. 6, 1979
• Nadar, in “L’Umana Avventura”, n. 10, 1980
• “Italy through the camera’s eye”, in A Country Shaped by Man, Fondazione Agnelli, Torino 1981
• Gianni Berengo Gardin, Fabbri, Milano 1982
• Fotografi spagnoli contemporanei, Comune di Termoli, 1982
• Paul Strand, in “Fotografia Oltre”, nn. 3, 5, 6, 1983
• Immagini della fotografia europea contemporanea, Jaca Book, Milano 1983
• Storia della fotografia, Jaca Book, Milano; Aperture, New York, Liblio Shuppan, Tokyo 1983
• Nuova fotografia inglese, Mazzotta, Milano 1984
• Mario Giacomelli, Baldini, Milano 1984
• Elio Ciol, Italia black and white, Jaca Book, Milano 1985
• Gabriele Basilico, Italia & France, Jaca Book, Milano 1986
• Paolo Monti, Milano negli anni cinquanta, Fondazione Monti, Milano 1986
• Gianni Berengo Gardin, Artè, Udine 1988
• La forma dell’obbiettività, in “Ottagono”, n. 93, 1989
• L’occhio di Polifemo, in “Ottagono”, n. 96, 1990
• Dall’apparenza alla visione, in “Ottagono”, n. 99, 1991
• Alle Americhe e ritorno, Federico Motta Editore, Milano 1991
• “Verso l’universale confine del giorno”, in Minor White, Federico Motta Editore, Milano 1992
• Obbiettivi critici, in “Lotus”, n. 72, 1992
• Paolo Monti, Federico Motta Editore, Milano 1992
• “Scritture della luce”, in Architettura e Spazio Sacro nella Modernità, Abitare Segesta, Milano 1992
• “Salvaguardare”, in Spaccanapoli, Electa, Napoli 1992
• The Naked City, in “Lotus”, n. 75, 1993
• “L’eterno vedere” in Ikko. Japanesque, Federico Motta Editore, Milano 1994
• La fotografia ricordo di verità, in “Communio”, n. 140-141, 1995
• “L’occhio sull’infinito”, in Il Centro Altrove, Electa, Milano 1995
• La Fotografia: il viaggio come visione, in “Immagine Cultura”, n. 4, 1996
• “Paesaggi interiori”, in Fotografia e paesaggio, Guerini, Milano 1996
• (con P. Costantini) Luigi Ghirri. Niente di antico sotto il sole, SEI, Torino, 1997
• “Lo spazio del contemporaneo”, in L’Italia nel paesaggio, Ministero per i Beni Culturali, Roma 1999
• “In figura”, in Mondocittà, Comune di Gonzaga, Gonzaga 2000
• Le finestre del Million Dollar Hotel, in “Duel” n. 80, 2000
• Giacomelli. Il bianco e il nero oltre il folklore, “World Music” n. 42, 2000
• “Le sette luci di Andrej”, in Andrej Tarkovskij. Diari-Martirologio, Edizioni della Meridiana, Firenze, 2001
• “Lo sguardo e la città”, in Tre sguardi sulla città, Catania 2002
• (con A. A. Tarkovskij) Andrej Tarkovskij. Luce istantanea, Edizioni della Meridiana, Firenze, 2002
• “L’immagine indicibile”, in La visione dell’invisibile, Mondadori, Milano 2002
• Marco Zanta, Lontano, Centro S. Fedele, Milano, 2002
• “Statua della libertà”, in Bruce Davidson, Porto di New York, Autorità Portuale Venezia, 2002
• Oltre la storia il tempo, in “Duel” n. 95, 2002
• Drammaturgia della libertà, in “Duel” n. 96, 2002
• Joel. Meyerowitz, Città e destino, Edizioni della Meridiana, Firenze 2003
• La guerra in fotografia – 1, in “Duellanti” n. 3, 2004
• La guerra in fotografia – 2, in “Duellanti” n. 4, 2004
• La guerra in fotografia – 3, in “Duellanti” n. 6, 2004
• “Dolce è la luce”, in Tra luce e tenebra, Il Poligrafo, Padova 2004
• Mario Carrieri, Amata luce, Edizioni della Meridiana, Firenze 2004
• “L’angelo della visione”, in Orienti e Occidenti della Rappresentazione, Il Poligrafo, Padova 2005
• “L’eterno esprime un giorno”, in Francesco Zanot, Il momento anticipato, Edizioni della Meridiana, Firenze 2005
• “Una biografia occidentale”, in Robert Adams, Lungo i fiumi, Itaca/Ultreya, Milano 2008
• “Occhio Quadrato. Un prologo al Neorealismo”, in Incontro al Neorealismo, a cura di Luca Venti, Ente Nazionale dello Spettacolo, Roma 2008
• Il giardino nel deserto. Robert Adams, in “Duellanti” n. 47, 2009
• La guerra e la fotografia. Robert Capa e Gerda Taro, in “Duellanti” n. 53, 2009
• Tempi moderni. Fotografia a New York, in “Duellanti” n. 55, 2009
• Esiti imprevisti: Letizia Battaglia, Enrique Metinides, Arnold Odermatt, in “Duellanti” n. 56, 2009
• Dove siamo? Roger Ballen, in “Duellanti” n. 57, 2009
• Lo specchio infinito. Francesca Woodman, in “Duellanti” n. 58, 2010
• Il visibile oltre il visibile. Thomas Barbèy, in “Duellanti” n. 59, 2010
• Would you come home? Alec Soth: Mississippi/Niagara, in “Duellanti” n. 60, 2010
• Ai margini del secolo breve. Fotografia a Parigi 1920-40, in “Duellanti” n. 61, 2010
• La giustizia della forma. Piotr Jaxa e Krzysztof Kieslowski, in “Duellanti” n. 62, 2010
• Muovendo sulla scacchiera del mondo. Stanley Kubrick, in “Duellanti” n. 63, 2010
• Visioni di un nuovo mondo. Phillips Collection, in “Duellanti” n. 64, 2010
• Dal tramonto all’alba. Erwin Olaf, in “Duellanti” n. 64, 2010
• Tre secondi di eternità. Robert Doisneau, in “Duellanti” n. 66, 2010
• Un tempo perduto. Larry Clark, in “Duellanti” n. 67, 2011
• A occidente dell’Oriente. Ineffabile perfezione, in “Duellanti” n. 67, 2011
• L’immagine come esistenza. André Kértesz, in “Duellanti” n. 68, 2011
• Viaggio senza fine. Lee Friedlander, in “Duellanti” n. 69, 2011
• Abitare la lontananza. Wim Wenders, in “Duellanti” n. 70, 2011
• The Tree of Life, in “Duellanti” n. 71, 2011
• La salamandra dell’anima. Andrei Tarkovskij, in “Duellanti” n. 71, 2011
• Fotografi di un’isola plurale. La nuova scuola di fotografia siciliana, in “Duellanti” n. 74, 2011
• “Fotografi di un’isola plurima”, in La nuova scuola di fotografia siciliana, Silvana, Cinisello B. 2011
• “Fenomeno religioso e fotoreportage”, in Giornalismo e religione, LEV, Città del Vaticano 2012
• “Fotografia”, in Architettura del novecento, Einaudi, Torino 2012
• “Memoria di Macondo”, in Fausto Giaccone, Macondo, Postcart, Roma 2013
• “Il paesaggio nella fotografia di E. Detti”, in Edoardo Detti 1913-1984, Diabasi, Parma 2013
• “Esercizi sul visibile”, in Arti Visive e Architettura nella Società del Consumismo, Accademia di San Luca, Roma 2014
Matteo Piazza è nato a Milano nel 1959. Laureato in architettura al Politecnico di Milano nel 1984, svolge da allora l’attività professionale di fotografo occupandosi principalmente di architettura, interni e fotografia industriale, con “incursioni” nel mondo dell’arte contemporanea. Collabora con diversi editori di libri di architettura, sia italiani sia esteri. Le sue fotografie sono pubblicate sulle principali riviste internazionali di architettura, design e nautica. E’ presente con un suo portfolio nella sezione “architettura” del prestigioso sito francese www.obsessionphoto.com che raccoglie i lavori di grandi fotografi di tutto il mondo. Il numero di aprile 2011 della rivista online di Hasselblad Italia (Victor Italy) ha pubblicato l’intervista “Matteo Piazza, Architetture made in Italy” a cura di Erika Bussetti, e un portfolio di suoi lavori realizzati in Italia, Francia, Grecia, Stati Uniti, Brasile e Libano. Ad Ischia, durante la settimana del Premio PIDA, nella serata conclusiva del 25 luglio 2014, presso Palazzo Piromallo – Tenuta Calitto – Forio, Matteo Piazza ha presentato la mostra “Statue of Liberty”: un servizio fotografico all’interno del monumento “icona” di New York, un percorso nel “ventre” della Statua dalla suggestiva e fortissima valenza estetica.
Studio di architettura e design fondato da Giulio, Paolo e Michela Baldessari, Baldessari e Baldessari_architetti e designers è un sodalizio professionale attivo nel campo dell’architettura, industrial e visual design, ed architettura d’interni. Opera con più gruppi di lavoro al proprio interno e con un fitto network di consulenti esterni. Cura allestimenti di mostre in Italia e all’estero. Sviluppa attività di ricerca e partecipa a concorsi ed esposizioni. Ha in corso progettazioni pubbliche e private nel settore residenziale, direzionale ed industriale, restauri di palazzi storici e d’epoca e progetti d’architettura d’interni, oltre alla collaborazione con aziende nel settore del design. Ha ricevuto premi e menzioni di merito nel 1984 al concorso “Una sedia italiana per gli Usa“, nel 1991 al “Premio Alcan per l’uso dell’alluminio nell’ ambiente costruito” ed al concorso internazionale Trau per la progettazione di una Workstation. Nel 2007 1° classificato al “Concorso di nuove sperimentazioni di arredo per esterno” Sun Rimini 2007; Premio Pida 2013 – sezione concept alberghieri.
Stefano Bucci(Fiesole, Firenze, 1957) è redattore delle pagine culturali del «Corriere della Sera» e del supplemento culturale «La Lettura». Dopo la Scuola superiore di giornalismo della Luiss di Roma ha lavorato al «Lavoro» di Genova e al «Domenicale» del «Sole 24-Ore». I veri amori sono diversi è il suo primo libro.
Tre giorni fitti di incontri vis-à-vis con amministratori pubblici, tecnici, imprenditori, giornalisti, rappresentanti di associazioni e cittadini della zona terremotata. E una indagine statistica condotta tra questi ultimi per conoscerne bisogni e aspettative. Un intenso lavoro preparatorio al workshop del PIDA "Protopia Maio", in corso alla Tenuta Piromallo di Forio, che l'architetto Corrado Minervini sintetizza com due parole: tecnologia partecipativa. Lui è un esperto di questo particolare approccio alla ricostruzione di aree colpite da catastrofi naturali o distrutte da eventi bellici. E come consulente delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea lavora in vari Paesi, garantendo un coinvolgimento attivo delle popolazioni interessate fin nella fase preliminare della progettazione di nuovi insediamenti urbani lì dove sono rimaste solo macerie. All'estero, compresi i Paesi in via di sviluppo, è una prassi consolidata e largamente praticata, al contrario del nostro, di Paese, dove è invece decisamente trascurata. "In Italia ha più la caratteristica di un atto di benevolenza del progettista verso la cittadinanza, a volte anche per scaricarsi dalla piena responsabilità di alcune scelte", è il suo commento. Il PIDA lo ha invitato a Ischia tra i tutor degli studenti delle Università "Federico II" di Napoli, di Palermo e di Roma Tor Vergata che stanno lavorando ai progetti per la possibile ricostruzione dell'area colpita dal terremoto dell'anno scorso. "Sono qui per dare una dimostrazione della metodologia dell'approccio partecipativo, con indagini statistiche e buone pratiche teorizzate e descritte in numerosi studi e tantissimi volumi ben noti a livello internazionale - dice - Ai nostri giovani vogliamo mostrare che esiste questa possibilità e che tra le componenti da prendere in considerazione, nell'approccio olistico necessario alla progettazione, vi sono anche le necessità e le indicazioni dei soggetti beneficiari, ovvero i cittadini".
Quali erano le informazioni che si puntava ad acquisire attraverso l'indagine statistica tra gli abitanti della zona rossa?
"Bisognava capire, innanzitutto, se gli abitanti fossero informati e consapevoli e fino a che punto delle caratteristiche dei rischi in caso di eventi sismici. Sempre, quando c'è un evento distruttivo per cause naturali o guerre, vanno approfonditi tre fattori: il rischio, l'esposizione al rischio e la vulnerabilità del tessuto urbano. Era stata mai fatta un'indagine del genere a Ischia? Esiste un piano che definisca i termini di esposizione al rischio? Eppure, è prescritto dalle normative internazionali che all'estero si applicano regolarmente. E i piani di preparazione ai disastri servono ad acquisire la consapevolezza che vivi in un rischio potenziale, che la struttura urbana in cui vivi non ti dà la possibilità di scappare, magari perchè le strade tra le case sono troppo strette, e che le caratteristiche tecniche dell'edificio in cui vivi non ti danno la possibilità di salvarti. Questo dei questionari era uno dei modi per ricavare informazioni, poi ci sono stati gli incontri con persone che hanno una visione, con associazioni, gruppi, al fine di coinvolgere le varie componenti della comunità urbana, soggetti pubblici e privati e la società civile".
Quali indicazioni utili sono arrivate dall'indagine statistica tra i terremotati?
"Innanzitutto, che i cittadini di Casamicciola hanno bisogno di essere informati delle caratteristiche del loro territorio e dei rischi connessi. Poi è emersa l'esigenza di non perdere la memoria e l'identità del luogo. Identità anche economica e sociale. Ma è indicativo che se alla classica domanda sull'andare altrove, tutti hanno risposto di no, a quella successiva, in cui si accompagnano all'ipotesi dell'andare altrove anche nuove opportunità e più vantaggiose di natura lavorativa ed economica, c'è stato chi ha risposto positivamente. L'importante, anche per chi si trasferisce, è di mantenere un'identità. E poi bisogna creare opportunità di lavoro e anche la ricostruzione può offrirle. La minore esposizione al rischio è collegata all'evoluzione economica. Perciò la progettazione deve partire da un quadro delle opzioni molto chiaro, anche sul piano economico, da un vero e proprio business plan. Comunque, l'area da ricostruire va depotenziata sia a livello demografico che di costruzioni, altrimenti non si potrà garantire la riduzione dell'esposizione al rischio".
Che ruolo può avere la società civile nella ricostruzione?
"Dovrebbe prendere in mano la ricostruzione il più possibile. Una delle persone incontrate ha definito la società civile come una Cassandra. Mi piace questa visione, è il ruolo ideale per fare proposizioni generatrici di qualcosa. Che poi è ciò che stanno facendo gli studenti del workshop. I ragazzi sanno che devono garantire le necessità degli abitanti e anche la qualità dello sviluppo urbano. Naturalmente, per ottenere tutto questo non basta una buona progettazione, ma è essenziale che sia realizzata bene e, dunque, che sia seguito anche il processo costruttivo che segue al progetto".
Cosa possiamo aspettarci dal workshop?
"I ragazzi stanno facendo un gran lavoro, avendo a disposizione le informazioni e gli input necessari. Da loro possono venire soluzioni estremamente creative e sono in grado di elaborare un piano di sviluppo urbano molto concreto. Da questi tavoli di lavoro del workshop verranno certamente idee e strategie per rimettere in moto il tessuto urbano, economico e sociale del luogo. Stanno fondando una nuova città. Una piccola città che crea una città. Così come il PIDA sta creando azioni e partnership tra privati impensabili prima. Il lavoro che uscirà dal workshop potrà avere una valenza internazionale, anche in considerazione della dimensione internazionale dell'isola".
Ma la zona rossa è ancora piena di macerie...
"Le macerie si possono trasformare in inerte ed essere riutilizzate per la ricostruzione".
Sono le parole dell’archistar portoghese Joao Nunes, portoghese, classe 1960, considerato uno dei migliori paesaggisti contemporanei al mondo, che ha ricevuto il Premio Internazionale Ischia di Architettura (PIDA) nel corso della rassegna biennale dedicata, nella sua nona edizione, alla terapia del paesaggio.
“La gente – ha aggiunto - lavorerà più a casa e frequenterà parchi e spazi pubblici non per paura, ma perche è una cosa buona che ci consente di stare più vicini alle persone che amiamo di più. Ma direi che, soprattutto, le persone stanno comprendendo in maniera chiara che l’habitat dell’uomo, il suo spazio di vita non è la casa, ma piuttosto il paesaggio, l’insieme costruito, artificiale e coerente che ci permette di sopravvivere in una natura che, se lasciata selvatica e non addomesticata, ci ucciderebbe”.
Ne corso dell’evento, organizzato dall’associazione PIDA con il forte sostegno dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori, si è a lungo dibattuto sull’importanza del rapporto tra uomo e paesaggio con il filo conduttore della ”LandEscapeTherapy”, un gioco di parole che sintetizza l’esigenza di trovare nella sintonia con l’ambiente una strategia d’uscita, terapeutica, ai mali della contemporaneità.
“Se assisteremo a un ripopolamento dei borghi nel post-Covid? Se ci sarà – spiega Joao Nunes – non sarà certo per paura: la paura non è molto produttiva, perché una volta che scompare la minaccia, scompare la motivazione al cambiamento. Bisognerà investire nelle infrastrutture che ci permettono di accedere ai servizi della città anche vivendo in campagna: treni veloci e frequenti, anche di notte, reti di dati solide e veloci, copertura sanitaria omogenea in tutto il territorio, efficaci sistemi di accesso in macchina alla città e aeroporti agili e comodi. Serve una precisa volontà politica di evitare che le città diventino ancora più densamente popolate, e io questa volontà non la vedo”.
Infine, Joao Nunes ha definito “un grande onore essere premiato con il PIDA internazionale. Mi sento italiano: sin da molto piccolo frequento spesso l’Italia ed è andata a finire che ho sposato una italiana e ho chiesto cittadinanza italiana. Il legame con questo Paese è fortissimo: è l’unico nel mondo in cui penso di poter vivere oltre al Portogallo, il mio studio ha una società in Italia e ci lavoriamo molto, a casa parliamo spesso italiano, leggiamo letteratura e poesia italiana, ascoltiamo musica italiana”.
Pasquale Raicaldo
È delegato del Rettore del Politecnico di Milano per il Far East.
Le attività di ricerca e insegnamento sono incentrate sull’integrazione e l’interdipendenza tra architettura e tecnologie costruttive, in particolare sull’innovazione dei processi di costruzione in base a tecniche di assemblaggio a secco, costruzione a secco leggera multistrato e nuovi modi di concepire l’edificio in termini di design: progetto, prodotto e di processo.
Ha pubblicato libri e articoli su riviste di settore in Italia e all’estero, dove viene invitato per convegni e conferenze sui temi della sostenibilità e del risparmio energetico.
È membro del Comitato Scientifico Internazionale dell’Agenzia Casa Clima di Bolzano, della Commissione Costruzioni Sostenibili di Promozione Acciaio e rappresenta il Politecnico di Milano nei network europei di ricerca Active House Alliance e Android. È membro del CDA Fondazione Pesenti.
Dal 1999 al 2016 è stato titolare dello studio Atelier2 (Valentina Gallotti e Marco Imperadori Associati) di Milano, dove ha applicato nella pratica progettuale gli esperimenti e le ricerche accademiche, vincendo premi e menzioni nazionali e internazionali.
FABRIZIO CAROLA "A me l’architettura non interessa. A me piace farla."
La biografia di Caròla sembra tratta da un romanzo. Figlio di un’importante famiglia napoletana si diploma – nel 1956 – alla Ecole Nationale Supérieure d’Architecture “La Cambre” di Bruxelles, fondata da Henry Van de Velde.
L’ambiente di formazione risulta determinante per la definizione di un approccio “fisico” al progetto, un’architettura legata al fare, all’azione concreta del costruire.
Ma Caròla, non è solo un architetto, è un nomade alla costante ricerca di nuove strade, votato alla sperimentazione e alla scoperta. Proprio questa attitudine lo spinge negli anni 60’ verso l’Africa, un territorio a lui sconosciuto. In principio il Marocco dove partecipa alla ricostruzione post terremoto dell’ospedale di Agadir, poi la Mauritania, paese in cui realizza il suo progetto più importante, il Kaedi Regional Hospital, per il quale riceve nel 1995 l’Aga Kahn Award for Architecture – un edificio a cupole ribassate collegate da corridoi in grado di ospitare stanze per malati e residenze per i familiari, dove si concentrano tutti gli aspetti di un pensiero e di un modo d’agire sostenibile – e infine il Mali dove scopre e studia l’architettura sub–sahariana passando gran parte della sua vita.
In merito all’Africa afferma: “Per il mio lavoro, lì è tutto più semplice, una realtà meno strutturata, nei villaggi e nei paesi c’è più libertà, valida finché c’è il rispetto che impedisce di abusarne”.
LA POETICA ARCHITETTONICA
L’attenzione di Caròla è rivolta alla definizione di un rapporto simbiotico fra materia e luogo. L’architettura spontanea e l’architettura informale priva di architetti, diventa il punto di riferimento preferito, soluzioni e “segni” incondizionati realizzati esclusivamente per rispondere alle necessità.
La terra cruda, ma anche la terra cotta in forma di mattone, è il suo materiale prediletto, in grado di creare opere monomateriche, in cui si evita l’uso del legno per ridurre la costante desertificazione del territorio e si rifiuta l’impiego di ferro e cemento visti come elementi “alieni”, inadeguati al contesto.
Un repertorio di forme, archi, volte e cupole ribassate in grado di rispondere alla necessità di realizzare soluzioni economicamente vantaggiose e di rapida esecuzione, nate grazie all’uso del compasso ligneo, uno strumento proprio dell’antica cultura edile nubiana, ripreso e valorizzato dall’architetto egiziano Hassan Fathy.
Osservatore attento, Caròla guarda ai luoghi marginali come punto di ripartenza per una nuova visione della società e del costruire; la materia diventa elemento del comporre, la forma soluzione che accompagna i gesti e le necessità dell’uomo.
NON SOLO AFRICA
“Neagorà Sette Piazze” rappresenta un’incontro di luoghi e culture, un’esperienza singolare che l’architetto napoletano sta sviluppando a San Potito Sannitico, in provincia di Caserta. Un villaggio sperimentale, da realizzare con il contributo di studenti, professionisti e appassionati che nello spazio di un workshop vivono l’esperienza diretta del cantiere toccando con mano tecnologie ormai dimenticate.
Nato al Cairo nel 1958, Hani Rashid ha studiato architettura in Canada e negli USA prima di aprire nel 1988 lo Studio Asymptote a New York. Insegna in varie parti del mondo, e con il suo studio ha prodotto un corpo di lavori che lo collocano nell’avanguardia del digital design. I suoi progetti spaziano dalle installazioni spaziali sperimentali all’architettura digitale. Tra gli esempi più innovativi: il progetto della zona commerciale virtuale per il New York Stock Exchange e il progetto del Guggenheim Virtual Museum, ambedue concepiti come ambienti architettonici multidimensionali, navigabili e interattivi.
Patricia Viel, francese, nata a Milano nel 1962, si laurea in Architettura al Politecnico di Milano nel 1987.
Patricia Viel porta la sua esperienza di architetto. “Ho iniziato ad occuparmi di alberghi nel 2001 con l’albergo Bulgari a Milano. Il concetto di ospitalità e di accoglienza viene coniugato con il concetto di albergo di lusso disegnato in modo contemporaneo. Un disegno minimo è associabile al confortevole all’accogliente, al piacevole.
Che tipo di sensazione deve provare chi frequenta l’ambiente degli alberghi? Dei piccoli momenti di felicità. La felicità in assoluto non esiste, ma ci sono momenti di felicità. I momenti di vita lontano dalla realtà quotidiana devono essere momenti di felicità. E questo dipende dagli architetti che devono essere meno stravaganti e più attenti alle esigenze di chi viene ospitato.”
Inizia la sua collaborazione con Antonio Citterio nel 1986. Dal 1999 è socia della Antonio Citterio Patricia Viel and Partners dove ha partecipato in modo sempre più significativo al management della società ed affermato il ruolo di responsabile della progettazione architettonica.
Nell’aprile 2000 lo studio inaugura la nuova sede di Milano in Via Cerva 4 e nel maggio successivo apre la sede ad Amburgo, in Wrangelstrasse 75b. L’esperienza ad Amburgo ha certamente costituito un momento importante della sua carriera, dandole la possibilità di confrontarsi con un modello ulteriore di pubblica amministrazione e committenza pubblica: nel 2002 in quella città si completano la costruzione dell’edificio sede della Edel Company sul fiume Elba e di un edificio per uffici a Neuerwall.
Lo studio opera a livello internazionale sviluppando programmi progettuali complessi, ad ogni scala ed in sinergia con un network qualificato di consulenze specialistiche. Tre le tipologie progettuali realizzate: piani urbanistici, complessi residenziali e commerciali, stabilimenti industriali, ristrutturazioni conservative di edifici pubblici, pianificazione di spazi per il lavoro, uffici, showroom, alberghi. La società di progettazione è inoltre attiva nel settore della comunicazione aziendale e realizza progetti di immagine coordinata ed allestimenti. Tra i progetti recenti: Nel 2002 si completano, ad Amburgo, la costruzione dell’edificio sede della Edel Company sul fiume Elba e di un edificio per uffici a Neuerwall l‘edificio milanese nuova sede corporate del gruppo Ermenegildo Zegna; il Bulgari Hotel di Milano e Bali, uffici e asilo aziendale a Verona per la multinazionale farmaceutica GlaxoSmithKline, il progetto di sviluppo Cascina Merlata a Milano, edifici residenziali a Milano, Hong Kong e Singapore, il progetto per il Centro Culturale di Milano, la conversione dall’Ex Palazzo delle Poste a Milano in un importante centro per il terziario, il Museo del Design alla Triennale di Milano. Lo studio ha partecipato e partecipa a numerosi concorsi a inviti nazionali e internazionali ed è certificato UNI EN ISO 9001:2000.
Nel 2007 viene pubblicata edita dalla casa editrice Skira la monografia “Antonio Citterio: architettura e design”.
Nel 2005, Patricia Viel entra a far parte del Consiglio Direttivo dell’Istituto Nazionale di Architettura IN/ARCH – Sezione Provinciale di Milano.
E’ periodicamente chiamata a partecipare a convegni, tenere conferenze e prestare attività didattica: si segnalano, tra gli altri, la docenza presso la Scuola Politecnica di Design, il ruolo di visiting professor al Politecnico di Milano, le lecture presso la Domus Academy, l’invito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprintendenza Archivistica per la Lombardia - a partecipare ad una giornata di studio presso la Triennale di Milano in occasione della VII Settimana della cultura, la partecipazione al Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio per il seminario Architettura Design Imprenditoria.
Michele Molè si laurea in Architettura presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza; fonda Nemesi Studio nel 1997 e nel 2008 con Susanna Tradati Nemesi and Partners, società di servizi integrati di architettura con sede a Roma. Come direttore creativo di Nemesi si occupa di progetti di architettura e design urbano, partecipando e vincendo importanti concorsi internazionali. Susanna Tradati si laurea in architettura presso il Politecnico di Milano nel 1999. In Nemesi and Partners riveste il ruolo di responsabile delle relazioni esterne, anche in riferimento alle strategie di internazionalizzazione.
Un’autopresentazione. In poche righe…
Sono un giornalista economico a 360°. Per quanto riguarda l’architettura da circa dieci-dodici anni mi piace guardarla dal di fuori. Non sono un architetto.
Cos’è per lei l’architettura oggi?
E’ la capacità di mettere il progetto al centro del processo di costruzione edilizia.
Quali sono le prospettive per l’architettura del futuro?
L’Italia parte da molto indietro: ha un mercato reale molto basso, ma il potenziale è più alto, secondo solo alla Germania. Una buona progettazione non è soltanto un buon risultato, ma un buon processo.
Un libro che consiglierebbe ad un architetto ed un altro per un “non addetto ai lavori”…
Ad un addetto ai lavori consiglierei “Vita e morte delle grandi città” di Jacobs; a un non esperto qualunque cosa scritta da Zevi.
Qual è il Paese più innovativo dal punto di vista architettonico?
L’Olanda.
I concorsi d’architettura: cosa ne pensa? Cosa si potrebbe fare?
Sono indispensabili. Dal concorso passa la possibilità: è il bivio della crescita del prodotto edilizio.
Perchè oggi è necessaria la legge sull’architettura? Perché un giornalista sente la necessità di sollecitarla?
Per mettere il progetto al centro del processo edilizio. Da dieci anni portiamo avanti questa battaglia, io mi sono molto occupato della legge sugli appalti.
Il PIDA le ha assegnato il Premio Giornalismo 2011: è solo un onere o anche un onore?
Un grande onore che voglio dividere con Edilizia e Territorio e Progetti e Concorsi.
Lei è un attento osservatore della società contemporanea, ma la sua passione è…?
Non c’è una sola passione. Da giovane sicuramente la pallavolo, poi anche la letteratura e il cinema. Cito Visconti, visto che siamo a casa sua…
Ieri, oggi e domani. Mi suggerisca tre architetti…
Ludwig Mies van der Rohe e Mario Cucinella. Per “domani” mi astengo dal rispondere.
Giorgio Nardone ottenne, cosa di cui sarà eternamente grato, una borsa di studio dall’Università di Siena per andare a studiare direttamente il lavoro di tali eminenti studiosi così nei primi anni 80 egli giunse a Palo Alto e insieme allo studio rigoroso del materiale scientifico prodotto dai ricercatori, come resident researcher, fu ammesso ad osservare direttamente anche tutto il lavoro clinico che veniva svolto nel Mental Research Institute (MRI) trovando in questo la esplicitazione di una ben nota affermazione di Gregory Beatson: «Non c’è nulla di più pratico di una buona teoria». Questa sorta di “folgorazione” sulla via di Damasco fece si che egli decidesse di cambiare corso ai suoi studi e alla sua carriera professionale, così, tornato in Italia, nel mentre che portava a termine il progetto di ricerca riuscì ad entrare nella esclusiva Scuola di Specializzazione in Psicologia della facoltà di Medicina dell’Università di Siena divenendo dopo tre anni il più giovane italiano ad aver ottenuto il titolo di Specialista in Psicologia. Parallelamente a ciò e a sue spese era tornato ogni anno, per alcuni mesi, presso il Mental Research Institute di Palo alto per formarsi come terapeuta interazionale-strategico. Portato a termine il percorso formativo egli dette avvio al progetto di ricerca (1985/86) per la messa a punto di un trattamento in tempi brevi dei disturbi fobici e ossessivi sotto la supervisione di Paul Watzlawick e John Weakland, iniziando cosi ad elaborare tecniche innovative per l’intervento su un’ area di patologia poco esplorata dal modello tradizionale del MRI.
Insieme con Bernard Cywinski, Peter Bohlin nel luglio del 2010 ha diretto il workshop (link) sulla trasformazione dell’ex municipio di Forio in museo per le arti applicate. A loro è andato il PIDA International 2010.
Peter Bohlin è socio fondatore e titolare dello studio Bohlin Cywinski Jackson e ha avuto un ruolo chiave nel conseguimento dei notevoli risultati dell’azienda nel campo del design. Il lavoro dello studio fondato nel 1965, con sedi a Wilkes-Barre, Pittsburgh, Philadelphia, Seattle e San Francisco, si contraddistingue per lo straordinario senso estetico, la capacità di rispondere alle peculiarità del luogo e del destinatario e un quieto rigore di natura intellettuale e intuitiva. Premiati progetti di architettura civile, universitaria, aziendale e residenziale sono stati realizzati negli Stati Uniti e nel mondo. "...fa grande architettura per la gente. Peter spazia dalla capanna di tronchi al cubo in vetro, dalla sensibilità concettuale della bozza alla fine esecuzione del dettaglio, dalla singola abitazione agli spazi pubblici, con la stessa inscalfibile etica. Peter Bohlin ci riconnette con quel senso di stupore e meraviglia dell’architettura nel paesaggio – che vi è definito in modo più ampio... Il suo lavoro coglie la complessità del carattere, del patrimonio e dei valori della cultura americana." Con queste parole si è conclusa la presentazione di James Timberlake dinanzi al Comitato per l’assegnazione della Medaglia d’oro 2010 dell’American Institute of Architects, che per tali motivi ha conferito a Peter la più alta onorificenza per il contributo di un singolo architetto alla prassi e teoria dell’architettura. Nel 1994 Bohlin Cywinski Jackson ha ricevuto l’Architecture Firm Award, il massimo riconoscimento dell’AIA per uno studio di architettura; allo studio sono stati inoltre assegnate nove onorificenze nazionali da parte dell’AIA e oltre 425 premi di design su scala regionale, nazionale e internazionale. Peter Bohlin continua a tenere incontri sul design concettuale e a rivedere temi di design lungo l’arco progettuale. Peter Bohlin ha conseguito il Bachelor of Architecture presso il Rensselaer Polytechnic Institute e il Master of Architecture presso la Cranbrook Academy of Art. Nel 2006 gli è stato conferito il Doctorate of Arts onorario dal Rensselaer Polytechnic Institute. In qualità di membro dell’American Institute of Architects, Bohlin ha ricoperto le funzioni di presidente del Comitato AIA per il Design dal 1984 al 1985 nonché di critico del design esterno e visiting professor presso diverse tra le migliori facoltà di architettura. Veste sovente i panni del giurato nell’ambito di concorsi di design su scala regionale e nazionale.
• Formazione: Master of Architecture, Cranbrook Academy of Art, 1961 Bachelor of Architecture, Rensselaer Polytechnic Institute, 1959
• Affiliazioni professionali: American Institute of Architects, College of Fellows AIA Pennsylvania AIA Northeastern Pennsylvania Society of Architectural Historians
• Attività professionali: Committee on Design, American Institute of Architects, Cattedra, 1984-1985 University of Maryland, Professore emerito di Architettura Paul H. Kea, autunno 1987 Attività professionali - Relatore: Green Buildings Asia 2007, Singapore, Architecture Keynote Casa dell’Energia AEM, Sustainable Design Panel Discussion and Exhibit, Milan, (2007 Milan Furniture Fair Satellite Event) Greenbuild 2006 International Conference, U.S. Green Building Council, Denver, Master Speaker Series Architecture of Sustainability, AIA Committee on Design/AIA Committee on the Environment Conference, “Design and the Environment” Panelist, Washington, DC, 2006 National Building Museum, “Wood: An American Tradition”, Washington, DC, 2000
• Attività professionali: Giurato GSA Design Excellence Program, Dwight D. Eisenhower Memorial, 2009 AIA Committee on the Environment/AIA Committee on Design, House for an Ecologist Design Competition, 2006 AIA Research Foundation and U.S. Department of Energy, National Renewable Energy Laboratory, Building-Integrated Photovoltaic Design Competition, 1996 AIA National Institute Honor Awards for Architecture, Jury Chair, 1989 American Academy in Rome, Rome Prize for Architectural Design American Wood Council, Design Awards Gulf Investment Corporation, Kuwait Headquarters Office Building Competition
• Onorificenze: American Institute of Architects Gold Medal, 2010 Fellow, American Institute of Architects Honorary Doctorate of Arts, Rensselaer Polytechnic Institute, 2006 Thomas W. Phelan Fellows Award, Rensselaer Alumni Association Medal of Distinction, AIA Pennsylvania, 2008
Esperienza progettuale – selezione:
• City of Seattle: Seattle City Hall
• General Services Administration Port of Entry, Blaine, Washington
• Apple, Inc Apple “High Profile” Retail Stores including, Fifth Avenue (New York), Upper West Side (New York), SoHo (New York), Chicago, Ginza (Tokyo), Osaka, San Francisco, London, Boston, Glasgow and Sydney National Park Service
Grand Teton National Park Visitor Center Seattle Public Library System Ballard Library National Park Service Pocono Environmental Education Center
General Services Administration - Nealon Federal Building and US Courthouse, Carnegie Mellon University - Software Engineering Institute - The Intelligent Workplace
• Mills College - Graduate School of Business
• Rensselaer Polytechnic Institute, Biotechnology Building
• Syracuse University - Eggers Hall, Maxwell School, Irving Avenue Parking Garage
• Master Plan
• University of California San Diego: Natural Sciences Laboratory Building
• University of Washington: Fishery Sciences Building - Ocean Science Building
• Trinity College: Admissions Building
• Yale University: Chemistry Research Building,
• Historical Society of Western Pennsylvania: Regional History Center
• Turtle Bay Exploration Park: Visitor Center and Museum
• Vermont Institute of Natural Science - Museum and Visitor Center
• Western Pennsylvania Conservancy: The Barn at Fallingwater
• Private Residences: Forest House, Ledge House, Creekside House, Ridge House, Pacific Rim Estate
• Resort Master Plan: Provo Canyon
• Utah Macromedia. Headquarters Building
• Pixar Animation Studios, Inc.: Headquarters Building
King Roselli Architetti è uno studio di architettura fondato nel 1997 la cui attività spazia dalla progettazione e realizzazione di edifici al settore del disegno industriale. Il tema costante è la ricerca di una qualità elevata nella progettazione a tutte le scale attraverso lo studio dello stretto rapporto tra materiali e nuove tecnologie mediando tra abilità artigianali e produzione industriale. King & Roselli sono attualmente responsabili della ristrutturazione e la progettazione di interni di Palazzo Montemartini (vicino le Terme di Diocleziano a Roma) per un nuovo hotel di lusso e del progetto per l’involucro esterno dello Sheraton Hotel situato nei pressi dell’aeroporto di Malpensa, Milano. L’edificio più grande costruito è l’Es Hotel, una nuova edificazione nel centro di Roma completata nel 2002. Per il progetto della Biblioteca e Auditorium della Pontificia Università Lateranense di Roma hanno ricevuto il premio nazionale “ANCE-InArch” per migliore edificio di nuova costruzione nel 2008 e una menzione speciale nel “Premio Medaglia d’Oro per l’Architettura” all’interno della Triennale di Milano 2009. All’estero di interesse è la pianificazione e la progettazione paesaggistica di una nuova località sull’isola di Langkawi in Malaysia, con diverse tipologie di ville e spazi pubblici. In Qatar sono stati vincitori del concorso di progettazione per un hotel a Education City, Doha, con Ove Arup & Partners per la Qatar Foundation. Progetti di interni che spaziano da residenze private a foyers per sale cinematografiche coinvolgono lo studio KR nel design degli oggetti d’arredo: diversi di questi oggetti sono stati selezionati per la produzione industriale da alcune aziende italiane, come Ceramica Flaminia e Poltrona Frau.
Mimmo Jodice è uno dei grandi fotografi della storia della fotografia italiana. Vive a Napoli dove è nato nel 1934. Fotografo di avanguardia si dagli anni sessanta, attento alle sperimentazioni ed alle possibilità espressive possibilità espressive del linguaggio fotografico, è stato protagonista instancabile nel dibattito culturale che ha portato alla crescita e successivamente alla affermazione della fotografia italiana anche in campo internazionale.
Nel 1980 pubblica VEDUTE DI NAPOLI che segna una svolta nel suo linguaggio e contribuisce a fornire una nuova visione del paesaggio urbano e dell’architettura. Nel 1981 partecipa alla mostra EXPRESSION OF HUMAN CONDITION, curata da Van Deren Coke, al San Francisco Museum of Art con Diana Arbus, Larry Clark, William Klein, Lisette Model. Nel 1985 inizia una lunga ed approfondita ricerca sul mito del Mediterraneo. Il risultato è un libro MEDITERRANEO, pubblicato da Aperture, New York, e una mostra al Philadelphia Museum of Art, a Philadelphia.
Sue mostre personali sono state presentate nei seguenti Musei: New York, Memorial Federal Hall,1985; Pechino, Archivi Imperiali, 1994; Philadelphia Museum of Art, 1995; Kunstmuseum Dusseldorf, 1996; Maison Européenne de la Photographie, 1998, Paris; Palazzo Ducale di Mantova, 1998; Museo di Capodimonte, Napoli 1998; The Cleveland Museum of Art, Cleveland 1999; Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma 2000; Castello di Rivoli, Torino 2000; Galleria d’Arte Moderna, Torino 2000; MassArt, Boston 2001; Wakayama, Museum of Modern Art, Japan 2004, The Museum of Photography, Moscow 2004; MASP – Museu de Arte de Sao Paulo 2004; MART – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto 2004; Istituto Italiano di Cultura, Tokyo 2006, Galleria d’Arte Moderna, Bologna 2006; Galleria d’Arte Moderna, Bologna 2006; Spazio Forma, Milano 2007, Museo di Capodimonte, Napoli 2008, Palazzo delle Esposizioni, Roma 2010, M E P Maison Européenne de la Photographie, Parigi 2010.
Nel 2003 l’Accademia dei Lincei gli ha conferito il prestigioso premio ‘Antonio Feltrinelli’ per la prima volta dato alla Fotografia. Sempre nel 2003 il suo nome è stato inserito nell’Enciclopedia Treccani. Nel 2006 l’Università degli Studi Federico II di Napoli gli conferisce la Laurea Honoris Causa in Architettura.
“A Ischia si deve ripartire con costruzioni antisismiche più in armonia con la natura meravigliosa dell’isola”
Il padiglione del Giappone, che gli valse la medaglia d’oro come il miglior padiglione dell’Expo di Milano, era antisismico, sebbene non fosse tra i requisiti richiesti. E lo sono anche le altre sue opere, quelle che lo hanno fatto apprezzare a livello internazionale, ben oltre il suo Paese, dove è professore di architettura presso l’Accademia Imperiale di Tokyo. Così, nell’anno in cui l’Associazione PIDA ha scelto la ricostruzione delle aree terremotate come tema del suo workshop annuale, dei convegni di approfondimento e delle giornate di premiazione in programma da domani a sabato, è sembrato naturale invitare a Ischia l’architetto Atsushi Kitagawara per tenere la lectio magistralis sul Castello Aragonese, dove domani sera riceverà il Premio PIDA Internazionale, e per coordinare il workshop “Protopia Maio”, dedicato al progetto di ricostruzione nell’area di Casamicciola distrutta dal sisma dell’agosto 2017.
Prima dell’invito del PIDA, di Ischia aveva sentito appena parlare come di “un’isola gioiello nel Mediterraneo”, poi si è documentato e “quando ho scoperto che vi erano le terme, ho capito che doveva esserci una somiglianza tra Ischia e il Giappone. Da noi – ci tiene a sottolineare - l’acqua termale è presente ovunque”. E lo lascia piacevolmente stupito scoprire che anche a Ischia è così: merito della comune natura vulcanica dell’isola nel golfo di Napoli e dell’arcipelago giapponese.
Visto che la immaginava come un “gioiello”, che impressione ha ricevuto quando è arrivato a Ischia?
“Sono rimasto un po’ sorpreso dal trovare molte più costruzioni di quante ne avessi immaginate. Poi, però, ho visto anche che è una terra molto ricca di vegetazione, tante specie di piante, tanti fiori e questa è la parte che mi ha destato meraviglia. E la vista del mare con il panorama dalle alture nell’interno, mi ha fatto sentire il vento della storia, il valore di una terra antica”.
Sa che qui è stata l’origine della Magna Grecia e che da qui si è diffusa la cultura greca in Occidente?
“I greci? Quando sono stato invitato dall’imperatore nel suo palazzo per ricevere un premio, mi hanno mostrato degli antichi vasi greci portati molto secoli fa nel nostro Paese da mercanti forse islamici attraverso la Via della Seta e sono ancora ben conservati. In Giappone abbiamo grande rispetto e interesse per la cultura greca. E credo che tra la cultura mediterranea in genere e la nostra c’è grande affinità”.
Quale è stato l’impatto con la zona terremotata?
“Molto triste. Da specialista dell’architettura è stato spaventoso vedere ciò che ho visto. E non ho potuto fare a meno di chiedermi: ma se si sapeva che era zona sismica, come si potuto costruire in questo modo che sicuramente avrebbe portato alla distruzione degli edifici ad un nuovo sisma? In tutto il mondo si utilizzano tecniche antisismiche, non sono particolarmente difficili, perché non usarle?”
Secondo lei, si può ricostruire nella zona terremotata?
“Tecnicamente non c’è problema. Il problema è più che altro sociale e riguarda l’idea che si ha di che tipo di paese si vuole ricostruire, che tipo di società si vuole ricreare. Se manca questa visione, questa proiezione nel futuro, non si può ripartire. Ricostruire come prima non ha senso, si deve programmare guardando lontano, di cento, duecento anni”.
I giovani studenti impegnati nel workshop che lavoro stanno facendo?
“I ragazzi stanno sviluppando un progetto di ricostruzione con occhi puliti, con una visione del futuro. Perciò il loro lavoro dovrebbe essere preso in considerazione da chi gestisce la ricostruzione, dalla politica”.
Pensa che si possano armonizzare le tecniche antisismiche più avanzate con le caratteristiche proprie della nostra architettura mediterranea?
“Nessun problema, si può fare tutto con le tecnologie di oggi e costruire bene e in sicurezza rispetto all’intensità dei terremoti qui a Casamicciola”.
Se potesse dare un consiglio agli isolani, da architetto, su come operare su questo territorio, dopo averlo visto e visitato, cosa raccomanderebbe?
“Di fare un grande piano urbano e di prevedere spazi più ampi per la natura dell’isola, che è meravigliosa. Dovete ricostruire in modo da armonizzare di più le parti costruite con la natura che c’è intorno, con più rispetto per la natura dell’isola. Bisogna avere fiducia nei tecnici e in un approccio globale al problema di come costruire. Non basta disegnare una struttura, bisogna considerare il contesto, inserirla nell’ambiente naturale, valutare tutti gli aspetti su cui andrà ad incidere. Dovete cambiare Ischia ora, finchè siete ancora in tempo, basta poco per superare il punto di non ritorno”.
Fondato da Bijoy Jain, Studio Mumbai è una struttura costituita da abili artigiani e architetti che progettano e costruiscono direttamente le loro opere. L’essenza del lavoro di Studio Mumbai consiste nella relazione tra paesaggio e architettura. La sua sfida risiede nel dimostrare, nel campo della creazione architettonica, il potenziale insito nel processo di dialogo collettivo e di condivisione diretta delle conoscenze. Bijoy Jain è nato a Mumbai, India, nel 1965 e si è laureato nel 1990 alla Washington University di St. Louis, USA. Ha lavorato a Los Angeles e a Londra tra il 1998 e il 2005, quando è tornato in India per fondare il proprio studio. L’opera di Studio Mumbai è stata esposta alla XII Biennale di Venezia e al Victoria & Albert Museum e ha ricevuto importanti riconoscimenti tra i quali nel 2009 il Global Award in Sustainable Architecture; inoltre sono stati vincitori della terza edizione del BSI Swiss Architectural 2011-2012.
Light designer, svolge un’intensa attività di progettazione e ricerca nel campo della luce da circa 20 anni. Sulla scia di una lunga ed ininterrotta collaborazione con artisti e grandi maestri del design e dell’architettura, ha realizzato, in città tra le più importanti del mondo, installazioni artistiche di pregio e progetti di grande impatto alcuni dei quali hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti e attestazioni di merito.
Nel corso della sua carriera Filippo Cannata non ha tralasciato di associare alla progettazione di interventi luminosi quella di corpi illuminanti ed elementi di arredo, realizzando oggetti dal carattere innovativo e dallo stile inconfondibile. Linguaggi e concezioni differenti si sono di volta in volta uniti al servizio della qualità, e a beneficio dell’emozione.
Filippo Cannata tiene seminari in diverse università, in Italia e all’estero e partecipa a concorsi nazionali ed internazionali. Nel 1992 ha fondato lo studio Cannata&Partners e successivamente, nel 2001, ne ha trasformato la ragione sociale in Cannata&Partners Lighting Design Communication.
Si tratta di un laboratorio di ricerca e sperimentazione che approfondisce argomenti e contenuti correlati alla luce nell’architettura e nell’urbanistica, alla sua storia, alla sua evoluzione per mezzo della tecnologia e del design, alle sue manifestazioni in natura, al suo impiego in ogni ambito professionale ed artistico.
E’ un’officina di idee che tende all’individuazione di sempre nuovi e più adeguati modelli di approccio all’architettura e all’uomo, dunque alla realizzazione di sofisticate forme di illuminazione convergenti in un risultato che è di carattere estetico, psicologico, umanistico, emozionale allo stesso tempo.
Nata ad Aosta nel 1981, laureata in Economia Politica all’Università Bocconi di Milano, per un anno lobbysta al Parlamento europeo di Bruxelles, nel 2007 si trasferisce a Roma per frequentare la Scuola di giornalismo della Luiss. Dal 2010 giornalista professionista. Il primo impiego alla redazione romana del Sole 24 Ore. Dopo tre anni al sito internet del tg1, da settembre redattore a Rainews24. Segue il design, l’architettura, la moda e il cinema.
Moreno Maggi, tra i più noti fotografi italiani di Architettura, Interior e Fine Art, inizia la sua carriera negli anni '80 a New York dove visse per circa 10 anni lavorando per famosi fotografi di architettura (Paul Warchol, James D 'Addio ed Elliot Bene), di belle arti (Jim Kiernan) e relazione annuale (William Rivelli). Ha frequentato un master al Fashion Institute di New York su still life e fotografia di moda, prima di iniziare a lavorare da solo. Dopo dieci anni di fotografia negli Stati Uniti, torna in Italia nel 1990 e inizia a collaborare con famosi studi di architettura come Massimiliano e Doriana Fuksas, Renzo Piano Building Workshop, Paolo Portoghesi Studio etc, progetti fotografici in Italia e all'estero pubblicati su riviste italiane e internazionali.
Attualmente collabora con le maggiori riviste italiane di architettura, tra cui Casabella, Domus, Area, Architectural Digest, l'Arca, Abitare ecc. Nonché riviste internazionali come Architectural Records in Usa, Arkitekcture e Bau Forum in Austria, Zeitscrift fur Arckitecture ' 'Dettaglio' 'e Taschen in Germania e molti altri in Estremo Oriente. Viene regolarmente invitato dalle maggiori università italiane a tenere seminari sulla fotografia di architettura e a documentare progetti architettonici moderni e antichi. Le sue ricerche sulle Belle Arti sono iniziate molto presto in Italia per il Laboratorio di Scultura Nicoli di Carrara, dove sono state girate le opere di Henry Moore, Agustin Cardenas e Louise Bourgeois. Tra gli altri progetti di ricerca personale, è stato fatto un lavoro sulla cava di marmo di Carrara, successivamente esposto a Washington DC. Il suo coinvolgimento con Architecture, lo ha suggerito di concentrarsi sul rapporto tra architettura e opera d'arte nella sua competizione che continua fino ad oggi.
Le sue fotografie sono state esposte a New York, Washington, Pechino, Milano, Ancona, ecc. Come mostre architettoniche o ricerche personali in bianco e nero. Vive tra Roma e New York quando non viaggia in tutto il mondo né documentando l'architettura e l'interno né seguendo progetti personali.
Toti Semerano (Padova, 1941) vive e lavora tra Padova e Lecce. Architetto e artista, in oltre trent'anni di lavoro si è costruito una professionalità versatile e multiforme che lo allontana dall'establishment contemporaneo, in un lavoro di continua sperimentazione tecnica e plastica. Utilizza con la stessa passione tecniche innovative e materiali tradizionali, per creare comunque forme inedite, aperte e suscettibili di continue trasformazioni, dialogando continuamente con lo spazio e la luce. Secondo le parole dello stesso architetto: “Vi è una qualità nella luce capace di trasformare le dimensioni e il peso di ogni materiale; entrare in sintonia con questa qualità è stato il mio percorso nell’architettura”. Nel 2005 ha aperto nel Salento il Laboratorio di Architettura (www.semerano.com) come estensione dello studio professionale di Padova. Il Laboratorio ha sede in un ex-tabacchificio immerso nella campagna leccese, un edificio massiccio costruito attorno a un aranceto e circondato da 13 ettari di girasoli: un luogo di incontro e di isolamento al contempo, in cui si coltiva la passione per l’arte e l’architettura come nelle botteghe rinascimentali. Recentemente le opere di Toti Semerano hanno ricevuto importanti riconoscimenti: il Ristorante Perché di Roncade (TV), completato nel 2006, è stato selezionato, nell’ambito del Premio Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana 2009 della Triennale di Milano, a rappresentare l’Architettura Italiana all’Expo Mondiale di Shanghai 2010; il progetto di casa De Masi (2008), premiato nell’ambito della Biennale Internazionale di Architettura Barbara Cappochin 2009, è stato esposto alla Giornata Mondiale dell’Architettura a Tokyo ed è stato selezionato dal Premio INARCH ANCE 2011; il nuovo Stadio Capozza di Casarano (LE), per il quale è stata progettata una copertura fotovoltaica, è stato annoverato fra i 4 migliori progetti mondiali nel suo genere.
“Bisogna ricostruire una cultura dell’architettura nel nostro Paese, anche con una legge”
Ha ricevuto il Premio PIDA per il Giornalismo, ma ci tiene a sottolineare di essere prima un architetto e poi un autore che scrive “per la promozione dell’architettura”, di cui si occupa anche come consigliere dell’Ordine degli Architetti di Roma. E a Ischia per ritirare il riconoscimento, Marco Maria Sambo, non trascura di parlare, appassionandovisi, della funzione dell’architettura nella società e, in particolare nel nostro Paese, che ne è considerato una delle culle. Ma, prima di affrontare gli altri temi, è d’obbligo la domanda sulla reazione alla notizia di essere premiato dal PIDA. “E’ stato del tutto inaspettato e sono molto felice del premio dato all’architetto e all’autore. Per me è importante perché, nelle varie vicende culturali, mi sono sempre occupato di promuover e l’architettura contemporanea e di rilanciare la cultura dell’architettura nel nostro Paese. Se non ricostruiamo questo pensiero culturale non c’è futuro. E, dunque, il premio mi fa piacere in questa ottica”.
Eppure sembra esserci una grande distanza tra il mondo dell’architettura e i cittadini, l’opinione pubblica. Una dicotomia netta tra gli addetti ai lavori e i profani. Come è possibile colmare questa distanza?
“Lo si fa lavorando sul campo. Bisogna ricostruire il senso comune della cultura dell’architettura in questo Paese. Se non riusciremo a coinvolgere la collettività, i cittadini, non ce la faremo. Dobbiamo tornare a costruire l’edilizia di qualità”.
E da dove si comincia?
“Dai concorsi di architettura, non se ne può più prescindere. Il concorso deve essere al centro dello sviluppo urbanistico, del tema del riuso degli edifici esistenti, per capire come portare avanti la progettazione in quel campo”.
Il tema è sempre di stretta attualità e puntualmente controverso: quando conservare e quando ricostruire?
“Di volta in volta si deve valutare, considerando che l’architettura non è solo estetica, ma risolve dei problemi. Per questo il concorso è importante, peerchè mette a confronto soluzioni diverse. Comunque, non sono d’accordo con la scuola di pensiero di abbattere tutto o non ricostruire, bisogna rispettare i luoghi e questo a volte implica il dover conservare. IL riuso architettonico in chiave turistica è interessante. Ha riguardato anche opere di grandi maestri, trasformate in hotel con un’opera di riqualificazione dell’esistente”.
E sul fronte anch’esso di stretta attualità della sicurezza, l’architettura che contributo è chiamata a dare?
“E’ essenziale monitorare il nostro patrimonio, altrimenti rischiamo di vivere sempre vicende drammatiche come quelle che conosciamo. Il monitoraggio serve per mettere in sicurezza il patrimonio, cercando di ricostruire poi il nuovo. Senza affrontare il tema della sicurezza non si fa alcun passo avanti. In questo è importante anche la funzione delle riviste specializzate, che costruiscono cultura e sono fondamentali per la ricostruzione culturale di cui parlavo prima. La rivista non deve solo descrivere l’architettura, ma alimentare il dibattito. Cominciamo a ricostruire anche un processo di riflessione”.
Ma l’architettura sembra lontana dai discorsi sulla sicurezza, sulle emergenze che riguardano il territorio. Anche in questo c’è distanza dai cittadini
“Bisogna far capire a tutti che l’architettura risolve i problemi non li crea. E per ricucire il rapporto con i cittadini è anche necessario riprendere un discorso generale di rispetto delle regole. Ci vuole una legge per l’architettura. Il Consiglio nazionale dell’Ordine è impegnato su questo, è un passaggio importante: deve essere scritto ciò che rende possibile l’architettura in questo Paese. Anche per arrivare prima dell’emergenza. E’ un tema che non si può più rimandare, non possiamo solo rincorrere le continue emergenze”.
E le periferie, con le problematiche che si trascinano, non sono state a volte anche un fallimento dell’architettura?
“Sono frutto di una mancanza di visione che si risolve con un progetto di architettura normato per legge. Che è il presupposto per un’architettura di qualità, perché non dobbiamo andare all’estero per studiare l’architettura contemporanea. C’è stata una dimensione ideologica dell’architettura che ha prodotto un certo tipo di situazioni nelle periferie, ma ora si può ridare dignità al fallimento ideologico. E’ anche questo il senso di una legge per l’architettura”.
Il Premio PIDA (Premio Internazionale Ischia d’Architettura) 2020 conferitogli per la Sezione “Giornalismo” è un riconoscimento prestigioso perché come lui stesso ha affermato:“Mi raggiunge, sorprendendomi, perché da un po’ di tempo la giuria del premio segue la mia attività, leggendo i miei scritti sia quelli di architettura sia quelli dai toni surreali, ironici e giocosi che pubblico da molti anni sul mio sito (www.christiandeiuliis.it NDR) e su altri siti del settore”.
Prosegue De Iuliis: “Aver ricevuto un premio dedicato al giornalismo senza essere giornalista, è per me motivo di orgoglio, anche perché credo che tutto sia architettura anche le cose più semplici che quotidianamente vediamo: una casa ben costruita, una linea morbida, un paesaggio rispettato”.
Se il riconoscimento (assegnato prima che a lui a personaggi come Fabio Tamburini, già direttore del Sole24ore e Stefano Bucci, Corriere della sera) è un motivo di orgoglio, lo è ancor più per la cornice in cui è stato assegnato e per le personalità che hanno ricevuto gli altri premi della manifestazione che si svolge ogni due anni nella splendida isola d’Ischia ed è organizzata da Giovannangelo De Angelis, presidente dell’associazione PIDA, con la collaborazione dell’Ordine degli Architetti e Paesaggisti di Napoli.
Il PIDA 2020 “Giornalismo” a Christian De Iuliis è un riconoscimento che gratifica l’impegno di un professionista della Costa d’Amalfi che riesce a conciliare il suo lavoro con la passione per la scrittura e la promozione culturale. Splendidi e sempre sprezzanti i contributi ironici che permeano il suo blog, avvincenti i suoi interventi sulle problematiche sociali alle quali non manca di dare il suo contributo. Oltre alla collaborazione con siti di architettura, non meno importanti sono le iniziative culturali come ad esempio quelle legate al movimento artistico-culturale dello “Spiaggismo” da lui creato e che conduce in tandem con l’artista concettuale Nico D’Auria, e il fantomatico “Assessorato al Nulla” ente pubblico fittizio ideato per promuovere iniziative tanto provocatorie quanto surreali. Contributi tra il serio e il faceto che arricchiscono il dibattito culturale della costa d’Amalfi e che suscitarono la curiosità del compianto Francesco Durante scrittore, critico letterario e giornalista di razza, che lo volle a “Salerno letteratura” nel 2015.
Per chi è alla ricerca dei suoi libri, si segnalano: “L’Architemario – Volevo fare l’astronauta” (Overview – 2014); ”Yamos a la playa -. Fenomenologia del Righeira moderno” (Homo Scrivens – 2016) e infine l’ultimo, scritto in tempo di Covid: “L’Architemario in quarantena – Prigionia oziosa di un architetto” (KDP Amazon – 2020).
“L’architettura ha un linguaggio complesso - ha sottolineato De Iuliis – e tradurla al grande pubblico non è sempre semplice: io provo a farlo con le storie. Un buon architetto deve avere tra le sue capacità quella di saper comunicare. La pandemia ha portato alla luce criticità delle città che avevamo già messo a fuoco: tra tutte, la densità abitativa di alcune aree, che andranno ripensate”.