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- Aprile 30, 2014
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L’area di intervento è posizionata nella parte alta di Forio, ed è caratterizzata dalla presenza di uno scheletro anonimo in cemento armato che si erige al centro di un lotto di forma irregolare, concepito secondo un’ottica edilizia speculativa che dimentica e nega ogni relazione con il territorio in cui vive. Il progetto consiste nel completamento del fabbricato grezzo da adibire a nuova stazione dei Carabinieri, con l’eliminazione dell’ultimo piano della struttura come richiesto dalla Soprintendenza. Di fronte a tali necessità emerge la volontà di conferire un’identità ad un edificio che originariamente avrebbe dovuto ospitare una importante funzione pubblica e che oggi si presenta come un “ecomostro” senza alcuna qualità architettonica. La scelta progettuale di partenza ha riguardato tuttavia il mantenimento di gran parte della struttura originaria, che si presenta in buone condizioni di conservazione e risulta caratterizzata da luci sufficientemente ampie per prevedere un’adeguata rifunzionalizzazione degli spazi interni. Tale opzione, motivata tra l’altro da ragioni di carattere ambientale legate alla riduzione della quantità di rifiuti da smaltire in seguito alla demolizione, si rivela una scelta che consente di ridurre significativamente i costi per la realizzazione del nuovo edificio.
Il concept architettonico nasce dalla collisione e dalla fusione di una serie di elementi derivanti dall’analisi del sito e dal contesto ambientale e antropico in cui l’area si inserisce, quali: i fattori climatici, con particolare riferimento al soleggiamento e alle condizioni termoigrometriche, i materiali e tipologie costruttive del luogo, a cominciare dall’estetica dei muri a secco della tradizione contadina, fino alle case a patio e alle scale esterne e alle terrazze che guadagnano l’orizzonte e la molteplicità dei panorami ischitani, sospesi tra il mare e il monte Epomeo. Accanto a questi input e alle suggestioni che ne derivano, un peso rilevante hanno avuto anche considerazioni di carattere funzionale e distributivo, puntando, per la realizzazione della nuova caserma, ad un’organizzazione spaziale efficiente in relazione alle diverse funzioni previste, che vanno dagli spazi degli uffici pubblici e di accoglienza, agli spazi privati e protetti degli archivi, delle armerie e delle celle di detenzione, fino agli spazi di carattere residenziale per gli ufficiali e le altre forze dell’ordine di stanza nell’edificio.
Il nuovo edificio vuole porsi come elemento in grado di interagire con il paesaggio circostante e con le tipologie edilizie del luogo diventando, grazie alla posizione strategica su cui sorge, punto di riferimento in grado di attirare l’attenzione da ogni angolazione se ci si trova nelle vicinanze, fino a scomparire visto da lontano tra le costruzioni di Forio, senza mai imporsi all’interno di un paesaggio fatto di costante fusione tra edifici e ambiente naturale.
Il progetto si articola mediante un involucro centrale costituito dallo scheletro esistente rivestito con materiali leggeri e completato con sistemi di chiusura prevalentemente trasparenti, a cui fa da contrappeso una pelle esterna massiva che lo avvolge, distanziata da esso di pochi metri, realizzata in tufo verde, pietra tipica dell’isola, riproponendo l’estetica dei muri di contenimento dei terrazzamenti, dette “parracine”, che scandiscono il paesaggio locale. Le tradizionali case ischitane, che si intrecciano e si snodano intorno ad un’ambiante comune, hanno inoltre offerto un metodo per la reinterpretazione dell’architettura sia dal punto di vista spaziale e distributivo che bioclimatico. L’involucro esistente, a seguito della demolizione dell’ultimo piano e delle scale in cemento armato è stato inoltre sventrato nella parte centrale in modo da realizzare un patio. Si tratta di un “fulcro” che costituisce l’elemento di snodo e distribuzione degli ambienti interni, nonché il centro attorno a cui gravita tutta la nuova struttura. Il patio funge inoltre da regolatore climatico, funzionando come camino solare atto a migliorare il sistema di ventilazione naturale e come elemento captatore di luce per l’illuminazione naturale degli ambienti . L’identità dell’edificio si svela anche attraverso un gioco di luci che dona all’opera armonia con il contesto, si restituisce un dialogo tra il luogo e l’architettura. Una sorta di linguaggio della luce, sia naturale che artificiale. La luce naturale viene canalizzata all’interno in maniera ben studiata, quella artificiale si snoda verso l’esterno ed entrambe vengono concepite come un materiale organico: elemento di racconto dell’opera. Infatti la luce insieme alla ventilazione gioca infatti un ruolo fondamentale nel progetto.
La seconda pelle, il collegamento perimetrale, il verde e il patio offrono infatti un’ottima integrazione tra luce diffusa e luce diretta nei diversi periodi dell’anno. Il verde prende forma e spazio sia all’interno del patio sia nel collegamento perimetrale consentendo una mitigazione della temperatura nella stagione estiva.
Le funzioni della caserma sono state organizzate secondo una logica semplice con il posizionamento di quelle di relazione con il pubblico nella parte est, meglio collegata alla strada, quelle più riservate nella parte più nascosta ad ovest, mentre sul primo livello trovano spazio i vari alloggi. Seguendo la logica di distribuzione intono al patio, al piano terra sono stati disposti tutti gli uffici amministrativi e gli ambienti aperti al pubblico, mentre i locali di servizio quali celle, archivio e armeria sono stati collocati sul lato ovest con distribuzione autonoma nella logica di maggior sicurezza e protezione. Al piano primo sono stati disposti due appartamenti e la foresteria assicurando a ciascuno sia l’affaccio nel patio sia l’affaccio verso l’esterno, grazie anche alla realizzazione, nella logica della privacy, di terrazzini a sbalzo che si ancorano alla pelle esterna. Il manufatto termina con un’ampia terrazza che si apre a 360° verso il panorama dell’isola, dal mare alla montagna, privilegiando così non solo la visuale predominante ovest est. I collegamenti verticali sono garantiti da rampe di scale che si sviluppano lungo il perimetro esterno della scatola centrale, protette dalla pelle tufacea esterna ed illuminate dalla stessa grazie alla disposizione armonica su di essa di feritoie più o meno fitte che permettono di incorniciare porzioni del panorama visibili durante il percorso. Il progetto è completato dalla riconfigurazione degli spazi esterni, intesi come un nuovo spazio pubblico a disposizione della comunità locale attraverso la realizzazione di una piazza alberata che, attraverso un leggero dislivello del suolo, guadagna la vista sul mare protetta dalla presenza del grande muro di tufo verde, che a sua volta inquadra l’orizzonte dal lato opposto verso la montagna.
È proprio la pelle tufacea, la “parracina”, immagine formale di forza e consistenza che si contrappone all’ involucro esile, leggero e trasparente che protegge, a costituire l’anello mancante in grado di relazionare lo “scheletro” al contesto, sia per le sue caratteristiche materiche sia per la sua configurazione spaziale. Questa pelle inoltre integra l’effetto camino del patio grazie “all’intercapedine” che forma con l’involucro creando così un altro moto di ventilazione naturale. Un’immagine forte e impenetrabile mitigata dalla presenza di feritoie che tagliano a ritmo armonico la “cinta muraria”, un massa che sbriciola delicatamente per lasciar penetrare il panorama. Combinando lo “scheletro” e la “parracina” ne emerge un’opera semplice e di grande impatto visivo che tuttavia non “urla” la sua presenza, ma si integra in maniera discreta nell’ambiente circostante. Vista dall’esterno appare una sorta di fortezza medievale, ma l’inganno è svelato in un solo punto della quinta muraria. Un angolo smussato della pelle, che costituisce l’ingresso alla caserma, lascia intravedere il doppio gioco dell’opera, il continuo dialogo tra massa e trasparenza, tra forza e fragilità, pieno e vuoto , aperto e chiuso.